venerdì, luglio 17, 2015

Ondine (per F, per V)



Scrivo oggi perché la luce fuori é impietosa e assoluta, scrivo perché somiglia al dolore e lo trascina fuori. Scrivo perché non sono capace di fare altro, e comunque non mi ero mai trovata così senza parole.
Conosco una mamma che é nata circa due anni fa. 
Queste madri sono sfide a Dio. Altre madri -quelle sfacciatamente fortunate- si sfiniscono gli occhi per loro, quando si permettono di avvicinare il pensiero. 


Ci sono mamme che nascono quando sentono il primo calcio, ci sono mamme che nascono alla prima carezza... E ci sono mamme che nascono ancora prima. Nascono con l'idea, nascono prima delle prime tracce di betahcg. 
E poi - non so come dirlo 
perché é un atto enorme
é un atto oltre ogni umana parola- restano mamme quando restano sole. 

Io ho ancora lacrime, F, se ne vuoi. Ho due occhi da prestarti, urla in abbondanza, nessuna risposta e gli occhi sgomenti. E il cuore con due piccole crepe che resteranno lì, incapace di misurarsi con tutte le macerie che vi battono nel petto. 
Hai le ossa fatte di dolore e dovrai ricordarti di respirare, F, come Ondine. Avrai il mondo che ti inciterà a farlo, e te vorrai farlo a pezzi. 
Ma resta alla luce, F. Non tornare al nulla, sebbene sia il posto adesso più accogliente. 
Resta alla luce che volevi regalare loro. 


Yashal, mia sfinita, leonessa, derubata, dolce F, che sei un vaso giapponese: fatto a pezzi e riassemblato con l'oro, affinchè siano le crepe la cosa preziosa.