venerdì, dicembre 18, 2009

De Profundis

La sensazione confortevole del vestire un maglione che hai sformato tu. La profonda, ingestibile felicità del ritrovare quella stoffa così intima, e le mille domande che riaffiorano quando lo indossi per pochi secondi... e ti chiedi perchè mai l'hai regalato a qualcun altro.

lunedì, dicembre 14, 2009

Vingt-quatre

I bilanci si fanno ogni giorno", diceva ieri mio padre nel giorno della sua 55esima candelina, ed è una cosa da persona saggia.
Dallo scorso 14 dicembre sono evolute molte cose, molte si sono aggiunte e solo qualcuna è sbiadita. Le persone che hanno popolato le mie giornate in Francia popolano adesso mezza Europa, i miei ricordi ed il mio profilo Fb.
Un'amicizia si è evoluta con lentezza e fantasia, diventando ciò per cui ho tenuto duro: la certezza che non fosse un amorucolo mascherato ma veramente qualcosa di grande in divenire. Anche quando mi sentivo la sola a crederlo, la sola ad avere certezze, a costruirsele. Ma la vita si fa grande così.
Il valore aggiunto di tutto questo è che so di essere capace di fare da pilone di cemento nei momenti in cui vorrei meno esserlo, quando tutto intorno si sfascia e vorrei mollare la presa anche io. Dei doni non facile da gestire non si ringrazia mai bene il Cielo.

In generale, però, l'immagine che viene fuori da questi 12 mesi (18 aerei presi, circa 10 esami dati, 9 mesi di Erasmus, 7-8 chili persi, 6 mesi dell'investimento più duro che c'è, 5 Stati in cui ho dormito, 2 iper-coinquiline, 1 famiglia felice ) è una luce continua, voluta e tenuta accesa caparbiamente proprio a dispetto di quando mi sono sentita una candela al vento.

Probabilmente le prime parole che pronuncerò a mezzanotte avranno a che fare con qualche schifosa malattia della pelle, ma saranno pronunciate con gente che mi vuole bene e con cui c'è sempre posto per the, caffè e risate.
Siccome nessun luogo è lontano finchè non sei tu a permetterlo ho almeno un centinaio di persone che mi abbracciano a mezzanotte.

Ale, Bea e 895820757575839 trilioni di calorie condensate in una torta buonissima

E chissà cosa avrò tempo di combinare prima del quarto di secolo.



lunedì, novembre 30, 2009

Carta bianca

Una graffetta a trattenere tutte le pagine precedenti, tutte le cancellature, gli errori e le orecchie alle pagine. Senza strapparne neanche una: sono tutte un po' ingiallite.
La carta bianca profumata di fresco, la rilegatura che scricchiola come un bacio.
La prima goccia di inchiostro, quella che ogni volta sembra un insulto alla pagina, stavolta la vedo già in prospettiva: è l'inizio di una fiaba già iniziata ma non ancora raccontata.

C'era una volta, diremo un giorno.



martedì, ottobre 27, 2009

La favola bella dell'anno Maya - dieci giorni a San Francisco

La baia arancione dorme ancora nella sua coperta umida mentre le ruote del volo DL 68 si staccano dalla pista e rientrano nella pancia dell'aereo per non disturbare troppo le nuvole di sotto. La penna -rigorosamente governativa- danza sul foglio per raccontare in che strano modo mi mancherà San Francisco, e intanto sorvolo il Pacifico.
Sulle strade, i pier, i tram storici di quella strana e meravigliosa città camminano più senzatetto che non sanno cosa fare delle proprie ossa che non uomini d'affari: persino nel Financial District questa folla di camminanti perenni -sempre dignitosa pur nella follia o n
ella povertà- è stata spettatrice dell'insane happiness che ci ha avvolto come la nebbia fa col Golden Bridge.
Svelando la città in tutti i suoi dislivelli si ha modo di parlare, di meravigliarsi insieme, di riprendere respiro, riconoscersi e confrontarsi: per queste cose sono fondamentali la linea F, i gamberetti al cocco di Bubba, il risotto di mare de L'Ideale e il tacchino di Tommy's Joint.
Fish and chips al mercato, zuppette dal giapponese e granchio fritto dal cinese , per quanto caldamente sconsigliabili a tutti, hanno messo alla prova il 'nella buona e nella cattiva so
rte' giusto perchè, you know, non si sa mai... :-)

Dieci giorni in una sola città possono sembrare troppi, ed invece un paio di più vanno messi in conto perchè you really never know: vatti a immaginare che le chiese sono chiuse la domenica, oppure ti capita che la nebbia non si alzi da Ocean Beach e quindi sei fregato. Nulla toglie che messo piede due blocks più in là il cielo sia di un blu più accecante del sole, quasi a ricordarti che in fin dei conti sei in California; la brezza fredda col sole caldo è un regalo non solo per i turisti, ma soprattutto per gli homeless che finalmente possono dormire senza battere i denti.

Mai avuto tanto blu intorno come in questi giorni nella baia, e mai tanto meno bisogno: in un paio di cm quadrati era racchiuso tutto l'azzurro che mi sta a cuore.
Ero stata messa in guardia dal vento freddo, e la sciarpa verde petrolio di Alessandra ha egregiamente tappato gli spifferi che il mio scudo umano non è riuscito a coprire con un abbraccio: è grazie a lui se il lato caldo della città ha prevalso sulle umilianti scene di anziani che rovistavano nell'immondizia. La sua stretta e i suoi piccoli gesti mi hanno ricordato quanta cura c'è nel mondo dove lui mette mano, ed è un mondo che vorrei custodire.
Nessun altro avrebbe passato ore a guardare i leoni marini con me, riempito la mia valigia
di penne federali, girato per musei ed acquari ogni giorno, condiviso un cigarillos alla vaniglia, assecondato gli esperimenti culinari meno digeribili, taciuto il fatto di soffrire il mal di mare per andare a cercare le balene con me. Ma soprattutto, non avrebbe lasciato a molte altre persone carta bianca per un viaggio da organizzare a sua insaputa, e non guarda nessun'altra in quel modo che mi fa sentire un fiore.

Tra poco atterro a Roma e questo post scritto tra San Francisco, la Georgia e il Lazio vorr
ebbe tanto raccontare dei diversi quartieri della city più piena di bouganvilles del mondo, dei grattacieli del centro e Chinatown, North Beach dove lo Stivale è sui pali della luce, di Haight-Ashbury e dei suoi residui hippies, di Castro e dei suoi eccessi, di Mission e dei suoi ricordi, di Marina e della sua ricca quiete, ma pretendere che un post cammini con i nostri ritmi è un po' troppo, e una cronaca noiosa non si addice a questo viaggio che è stato corrente ad alto voltaggio per delle pile scariche. Mi ha sgombrato il cielo dai fantasmi che vi abitavano, come fa il vento con i pilastri del Golden Bridge.
Custodisco un cuore arancione e limpido, sebbene qui al binario 12 di Tiburtina nessuno se ne curi. So che una volta arrivata a casa c'è chi vedrà questa splendente felicità sul mio volto.

Grazie, am...Andre. :-)



lunedì, settembre 07, 2009

Un caffè insieme al giorno

E volendo anche due. Sono 5 anni che poterti incontrare una volta al giorno è uno dei miei desideri più grandi. Ho cercato in ogni modo di non forzare la tua scelta di città universitaria, anche volendo non ce l'avrei fatta, ma ho sempre sperato che tu ascoltassi il cuore.
E adesso, con due esami da affrontare, un deposito da svuotare e tanta voglia di aiutarti nei tuoi primi passi da matricolina spero che le mie giornate si dilatino, per poter godere meglio ciò che ho aspettato per anni.
Mia sorella nel Granducato ( e anche nel quartiere). Che figata!!

domenica, agosto 30, 2009

La vie en violet - un anno in Erasmus

Nessuna parola è quella giusta per cominciare, ma stavolta dovrò far poco la schizzinosa.

Torno da un anno temprante, ancora scombussolata, ancora intenta a riprendere fiato.
Ero partita convinta di scrivere soltanto, e invece questa Francia ha anche cancellato qualcosa, ovvero il mio vizio di dare le cose per scontate. Di assumere che tutto andrà bene per forza. Questo genere di crescita non arriva gratis: imparare a conquistare avamposto per avamposto ogni cosa mi ha svuotata della serenità impostata di default nel mio cervello.
Ho posato le valigie nella mia stanzetta nel campus ancorata alla visione en rose di tutto. Quando ho iniziato a chiamare con il giusto nome (loculo) la fino ad allora piccola, chouette chambre, lì ho capito che qualcosa stava cambiando. Che io stavo cambiando.
I francesi non sono tipicamente stronzi, sono stronzi e basta. Il primo mese non capisci niente quindi ti rodi il fegato e non puoi nemmeno rispondere. Il gusto buonissimo delle sfuriate en langue dei mesi successivi non ha prezzo... e parlo sia di quelle fatte - segreteria studenti, specializzandi, studenti di secondo anno, ferrista- che di quelle incassate -neo strutturato di pneumologia, ferrista.
La vita ospedaliera è stato il sogno principale di tutto l'anno, due mesi per volta: difficilissima Pneumo dell'inizio, superlativa Cardiochirurgia, prosciugante Pronto Soccorso, rilassante Chirurgia Plastica. Quasi dimenticavo, vestire lo smezzato azzurro che appena lo infili ti senti più sexy che in intimo di pizzo valeva l'intero Erasmus.
Gli esami... il peggiore incubo. Gli Erasmus di Medicina lì hanno più doveri degli altri studenti, ma qualche diritto in meno. Se si fosse saputo all'inizio ci si sarebbe organizzate diversamente.

Se non fosse stato per le persone che han battuto le strade, i quais e le crêperies di Toulouse con me questo anno sarebbe stato un vero inferno.
I nomi sono quelli che popolano le foto che riempiono hard-disk e profilo di FB, alcuni scritti davvero in grassetto: Roberto, Ester, Valentina, Maria, Sancho, Clèm, Dodji. E poi Sebastien, Alberto, Clarisse, Silvain. Alessandra, la mia compagna d'avventura nonchè nuova coinquilina. E Andrea, la mia scommessa più inaspettata e grande.
Senza di loro, sarebbe stato un anno gramo.
Gramo, nonostante Toulouse da sola mi abbia rubato un angolo di cuore e lo tenga con sè, nelle stradine profumate, nei fiori delle aiuole, nei cafè tranquilli, nelle bandiere del Capitole, nella chiesa dei Dominicains, nelle stanze del CCU, nella linee e fermate della metro - Pharmacie, Carmes, Patte d'Oie e Roseraie. Nelle sale operatorie di Cardio.


Il 1° ottobre dello scorso anno scrivevo:

Per me, che non cercavo il Paese di Bengodi ma volevo inventarmi un modo per crescere come medico, questa Francia va infilata come un camice. All'inizio vai in giro tronfio, poi per buona parte del tempo ti chiedi come si porti addosso. Arriverà il momento in cui questo camice sarà una seconda pelle.
Questo Erasmus ha un sapore molto meno festaiolo di quello che leggo nelle mail che mi arrivano ogni giorno dalla Spagna. Ma lo sapevo, e va benissimo così.
Qui... qui c'è la mia sfida, e non lascerò l'arena finchè non avrò vinto, per difficile che sia.

Sono ripartita venerdì dall'arena, sfinita e con un sacco di stress da smaltire. Però, signori miei, ho vinto. E col senno, la fatica e i ricordi del poi so che non era per niente scontato.
Il bello di tutto ciò è che non lascerò che niente di meno forte osi solo pensare di potermi abbattere.

domenica, luglio 12, 2009

Like it's Now or Never

Tra una sessione di amenorree e una di ipercalcemie, dopo aver visto che avevo effettivamente sottolineato qualcosa, mia sorella mi ha portato il lettore DVX con all'interno le ultime due puntate di Grey's Anatomy in lingua originale.
Niente da fare: 5 serie -e quattro anni di medicina- dopo, non una volta ho trovato un episodio sterile. Voglio dire, vedo concetti di senso compiuto anche nelle canzoni di Zucchero, quindi potrei non essere la più referenziata delle giurie, ma giuro che ho provato a mettere tutto il mio cinismo nel giudicare male questi più di 100 episodi pieni di pathos all'americana e situazioni inverosimili... per fallire miseramente.
Da quando tre o quattro casi mi sono capitati -identici, in tutta la loro esageratezza- in reparto, oppure alcune frasi somigliano in modo allarmante ad alcuni miei pensieri e soprattutto da quando ho iniziato a vestire lo smezzato azzurrino in cardiochirurgia ho persino smesso di guardare i dvd.

Rompere la regola stasera mi ha fatto bene. C'era tutto in quelle due puntate, in un'oretta e qualcosa lontana da dove sono ora, dai cani che abbaiano troppo, dalla lavatrice che va (ma siamo sicuri che sia la lavatrice?), da amenorree e ipercalcemie: fondamentalmente credo ci fosse ogni tipo di scelte, nel caleidoscopio di sentimenti possibili. E mi ha aiutato, questa cosa, dopo giorni di sola preoccupazione-nostalgia-ansia: c'è altro là fuori. Ci sarà altro nella mia vita dentro un camice oltre a un'ipercalcemia o a un'amenorrea su una cartella clinica, ci sarà altro al di fuori del mio camice, delle mura dell'ospedale dove lavorerò. E sta a me costruirlo, e sta a me poggiare pietre, le mie pietre, le uniche che posso controllare... al solito, fino a un certo punto.

Domani comprerò il mio fonendo pediatrico. Volevo farlo a Toulouse con Alessandra, o magari accompagnata da Andrea. Volevo farlo a Firenze, magari mentre Matteo mi dice che un chirurgo con il fonendo in tasca non si è mai visto. E invece lo faccio qui ad Avezzano, dove non potrò scegliere il colore, ma avrò lo sguardo di mio padre che sarà valso ogni battaglia.

Per tornare a Grey's Anatomy, hanno toppato solo sulla frase finale della serie. Troppo smielata, troppo poco me, troppo e basta. Maledettamente troppo vera.
Quindi la appiccico in fondo, ed è ora o mai più, ed è la vita che mi sono scelta e che mi sceglierò ogni giorno 'da grande', fuori e dentro l'ospedale. Correndo il rischio di sbattere contro muri, di spaventare qualcuno non pronto per una verità, di spaventare me stessa per il passo più grande che le mie gambe possono fare.
Durante una lezione di letteratura inglese, la prof rimarcò che tutto il casino tra Romeo e Giulietta era successo per una questione di timing. Di secondi.
Questa storia della tempistica la tengo a mente da allora, e ci ho fondato la mia vita sopra. Che sia un 'quando' pieno.
Quindi...

"Did you say it? I love you. I don't ever want to live without you. You changed my life. Did you say it? Make a plan. Set a goal. Work toward it. But every now and then, look around. Drink it in. 'Cause this is it. It may all be gone tomorrow."

sabato, luglio 04, 2009

Prova del nove

Questo periodo odio sognare, odio quell'ultimo istante di veglia consapevole, di coscienza che precede lo stand-by... "merde, ci risiamo."

Nelle scorse notti si sono avvicendati orsi con in bocca i fogli delle votazioni degli esami francesi, fogli semoventi con sopra i voti degli esami francesi- ma non si sa se espressi in decimi, ventesimi o trentesimi, case che tremano (in orari differenti da quelli delle scosse reali), il mio biglietto d'aereo che brucia, mail orribili.
E stanotte è arrivato qualcosa di simile a una presentazione PowerPoint con i sottotitoli, fatta di immagini tutte reali, di momenti vissuti, di sguardi, frasi sentite nell'arco di molti mesi. L'ultima di non più di un mese fa, e l'avevo annegata in una buona birra.
Le mie paure, le mie ansie devono aver fatto da colla e da filo conduttore: quella presentazione .ppt l'avrei potuta creare anche da sveglia, se solo avessi voluto.

La matematica non è mai stata tra i miei talenti, così ho cambiato genere di operazioni. E ora, dopo questa incalcolabile voglia di elevarsi al quadrato, c'è da guardare i risultati.
Nel mezzo della prova del nove, non mi tiro indietro. Voglio vedere se torna.

martedì, giugno 23, 2009

Sentirsi S.

Sentirsi Sfinita.

Sulla navetta per Paris Orly - e poi all'aereoporto- ho pianto talmente tanto che la gente mi stava alla larga. Stava per arrivare una settimana dura.
Per fortuna non sapevo ancora quanto.
7 giorni in cui la cosa più difficile è aprire gli occhi al mattino, perchè sei perfettamente sveglia e consapevole della fossa di leoni che ti aspetta fuori dai confini delle lenzuola.
Una fossa dei leoni vuota, questa université deserta dove prima non c'era verso di avere pace nemmeno a pagarla, e ritrovarti sola in tutto il chilometro quadrato di campus di medicina fa male. Finalmente il sole batte forte e Toulouse è bellissima, e gli occhi di chi l'hanno mangiata a morsi con te negli scorsi mesi sono lontani.

Sentirsi Sola.

Dopo la zingarata con le radici amiche di sempre con cui ci raccatteremo vicendevolmente à la petite cuillère quando saremo rientrati, dopo 3 giorni senza posa in giro per la Capitale, dopo una decina di giorni incantevoli passati tra neve e oceano, l'arrivo ai 28° di Blagnac è stato una... doccia fredda.
Inoltre l'FBI ha i suoi tempi biblici, e quindi tutti gli 'ooooh' e 'aaah' che avrei voluto sentire in quasi diretta mi sono stati negati. Come tante piccolezze che il telefono non concede, specie un telefono non tuo o non funzionante o non da soli, con 8 ore di fuso e mezz'ora dopo una settimana per dirsi tutto. Sèèèè... e difatti capitano cose del tipo che per raccontarsi, per capire, per immaginare, mi sono passati di mente 5 mesi carichi per cui ringraziare. Quindi mi manca il

Sentirsi S.

ovvero quelle due o tre parole stupide che condividono la stessa iniziale e lo stesso modo di essere pronunciate, a breve distanza dall'orecchio e con voce intima. Cercherò di ricordale bene, perchè temo mi mancheranno per un po'.

S&S

Mentre stamani aspettavo il bus per andare al mio primo colloquio con un prof da convincere pensavo a cosa questo Placement qui può portarmi il prossimo anno, se forse non fosse il caso invece di fare rotta altrove. Un'altra lingua, un'altro fiume in mezzo alla città. Forse fa bene Ale a chiedere Londra... forse dovrei aspettare il bando Monash per l'Australia... quanto rischio a tornare qui, tra questi mattoncini rossi che amo tanto ma che hanno visto tanto e fanno da specchio?
Non lo so.

So che oggi ha preso il via, per puro caso, un progetto molto ambizioso che potrebbe concludersi in tesi: non dico altro finchè non ne saprò di più... ma le sue parole chiave sono sogni e speranza.

E sono le S. maiuscolissime che al momento non mi mancano, perchè tre professori hanno deciso che valgo la pena di aprire un Placement ad hoc solo per me... "tu es une esperance."
Se davvero i miei anni di Medicina finissero come oggi ho iniziato a sognare, i miei figli avranno qualcosa per cui essere orgogliosi della propria madre.

martedì, giugno 16, 2009

Per i mille colori della Grand Prismatic Spring

Mi piace che sei un paradosso. In fondo ne stai solo combinando un'altra delle tue, e mi piace così tanto.
Mi piace il tuo riuscire a complicare ulteriormente cose già complicate, dandogli un peso tangibile che è stato molto bello portare con te. Farsi le spalle insieme può aiutare.

Sono disposta a passare su 8 fusi orari, strafalcioni di inglese, americane cinguettanti (se mi sentisse Amy...) proprio perchè mi ha conquistata la tua testa perennemente into the wild, e non ti cambierei per niente di più tranquillo. Il rischio in questo caso mi piace.

Mi piace - e mi fa piangere a più riprese - avere una paura matta. Io, roccia organizzativa, trottola perenne, indipendente e vagabonda, ho paura di non saper esserci come si deve. Come si deve?
Imparalo con me, come si deve. Inventiamolo questo come si deve, come si può, ci vorrà fantasia. Ma sarai in un posto che è il cuore battente della fantasia, dove un lago può essere un arcobaleno. Non potrei immaginare una dimostrazione di possibilità più grande.

Sarò cemento molto armato.
Buona fortuna, e non so a chi dei due lo dico di più.
Bisou,
S.

mercoledì, giugno 03, 2009

Saisons - cambio di stagione

Al ritorno da Belle-Ile ieri sera ho staccato dal muro tutte le foto, e tra qualche istante l’edera, i fiori e la cartina seguiranno la stessa sorte. Sto liberando la stanza 1170 dopo 9 mesi di vita bellissima e non sempre semplice, ma in realtà chiedo a gran voce ai muri tornati bianchi di liberare me, di lasciarmi andare.

Nel salutare stasera Ester, Valentina, Jonathan e Clémence non ho avuto neanche una lacrima da ricacciare giù, e sia ben chiaro che non è stato un ciao da nulla: stasera Laura ha finito il suo Erasmus. Poiché anche Ale è in fase di vagabondaggio e la ritroverò direttamente a Firenze, non ha più molto senso che io resti qui.
Tornerò a Toulouse solo per recuperare bagagli e qualche esame.

Sarà che per me il difficile arriva ora. Tra 4 ore riempirò una valigia del necessario per i miei prossimi 15 giorni in giro per l’Europa e scenderò ancora una volta alla fermata di Patte d’Oie.
Poi Italia, poi Francia, poi Scozia, poi di nuovo Francia, poi di nuovo Italia. E sono talmente fortunata da avere un abbraccio in ognuno di questi posti, e talmente presuntuosa da desiderare nell’intimo che uno di questi abbracci, quotidiano in questi nove mesi, non passi l’orizzonte. Mi piace respirare normalmente. Ma sono anche talmente orgogliosa e ho una paura tale che non glielo dirò. Forse lo leggerà qui, e saprà di dover guardare sotto la maschera di ferro che spero faccia il suo dovere fino alla fine, sciogliendosi al di là dell'imbarco di Caselle.

Dopo tanti mesi di incertezza, dopo oscillazioni d’umore, dopo tutti questi passetti di avvicinamento intravedo all’orizzonte una marea di dolore, esami e burocrazia. Al momento non ho voglia di essere solo dove andrò.

Infine, anche se so che niente finisce, sarà strano esser lontani io e voi. Come un cambio di stagione improvviso torniamo ad essere tutti sparpagliati per il globo, come prima di conoscerci. Proprio perchè la stagione che chiudo stanotte è stata talmente piena di luce a dispetto della piovosità tolosana voglio sforzarmi di vedere di buon grado il momento in cui dovrò forzare il respiro, voltarmi e costringere la mia vita a continuare, a farmi sedurre ancora.


Mia nonna mi avrà detto sei o sette volte che l'inverno del '54 e quello dell'86 sono stati terribili, che ancora si ricorda la neve alta come le case. Le cose che entrano nelle ossa come il freddo non si scordano... e voi mi siete dentro fino all'osso, e contribuite alla mia solidità.
Io potrò raccontare della neve di quest'anno, alta come le case, e dei fiori bellissimi lungo la Garonne della stagione '08-'09.


Merci.

sabato, maggio 23, 2009

Giusto un po' di pace

A conti fatti, da quando sono in Francia ho scritto 48 post. E' un numero che mi stupisce: credevo di non aver detto niente in questi mesi, invece sembra che dopotutto qualcosa di me sia comparso sui vostri schermi, in modo più o meno comprensibile...
Mi piacerebbe alcuni giorni non tenermi tutto dentro e tornare a usare questo blog come prima di partire, ma in questo momento ho spento la mia capacità di sbrogliare il gomitolo di parole e costruirci una frase sensata.
Credo che tornare a Firenze mi farà bene. E' come se avessi perso i contatti con la vita reale -e qualcuno potrebbe dire che allora è stato un Erasmus riuscito ;) - e inizia a farsi sentire la stanchezza di rincorrere tutto e salutare tutti.
In momenti di fasi così alterne allento la presa sulle redini, e non posso permettermelo.

Una mattinata in un nido di Ostetricia.
Un burrito da Eby, un gelato in via de' Neri e sei ore di passeggiata con Virginia.
Un panino d'autore con il Tutt a Fiesole.
Una sera accanto al fuoco con Ale e Albi.
Una sera accanto al fuoco con Franci.
Una birra sul balcone con Tommy.
Un pomeriggio in Dea con Gianluca.
Un giro in moto con Matte rappando Caparezza.
Un altro giro con Nik cantando i Cranberries.
Una supercazzola qualsiasi con Amy. E anche un kebab alle 3 di notte.
Una bella chiaccherata con il Cala.
Le chiacchere assonnate del risveglio con Chiara.
Il mio cocktail al Pindaro.
Un cappuccino con Rikki.
Cinque ore di loups-garous a bordo Garonne.
I dorsali necessari per fare altri 100 addominali.
Vento e salsedine e posti da restare senza fiato.
Magari un certo rifugio.
Meno immagini indesiderate. Meno frasi dolenti.
Un po' di caldo dentro. Un po' di sicurezza.


In fondo mi serve giusto un po' di speranza. Giusto un po' di pace.

domenica, maggio 03, 2009

Au bout de mes rêves

N'importe où, n'importe comment, n'importe quoi. J'irai au bout de mes rêves.

mercoledì, aprile 15, 2009

Oltre il Limbo

Sul mio sesto senso ci si potrebbe fare una tesi di laurea.

Una sola persona non può gestire tutte queste emozioni in una volta sola, mi ripeto ogni volta che capita di trovarmi sopraffatta da cose che vedevo arrivare. Come salire su un treno che prende velocità piano piano, e siccome è nella mia natura fare indigestione di paesaggi resto vicino al portellone aperto e ops, ma guarda, quando la corsa vera inizia rotolo via.

Non ho ancora deciso se sono stupida o cosa.
Di sicuro sono stufa dei treni, e forse anche un po' del mio sesto senso. Annienta di più sapere che sapevo e che non ho fatto niente per impedirlo. Anzi!

Ho radicati in me il senso del giusto e dello sbagliato, una forte dose di fatalismo e una altrettanto forte di fede. Sono colonne portanti, sono picchetti che tendono i tiranti della mia tenda. Ben tirata così, la tenda fa il suo dovere e non si muove... ed ormai mi è chiaro che ciò che non barcolla frana direttamente.

Il problema serio, ahimè, è che se sul comodino domattina trovassi il Genio della lampada appollaito in tutto il suo azzurro splendore non avrei idea di cosa chiedergli.

Non potrei chiedergli di darmi fiducia. Non avrei abbastanza forza per utilizzarla.

Non vorrei chiedergli di dirmi che ne sarà di me tra un anno. La strada voglio godermela, e ci sono risposte che temo.

Non potrei chiedere di cancellare il treno perchè ho visto paesaggi bellissimi, paesaggi che mi mancheranno da morire se dovessi rotolare troppo lontano dai binari.

Non mi abbasserei a chiedere coraggio, ce l'ho selpolto dentro e scaverò da sola quando sarò pronta.

Non chiederei mai di tornare indietro nel tempo... ma non nascondo la tentazione sarebbe fortissima.

Gli chiederei forse di costruirmi uno spazio-tempo parallelo dove dimenticare tutto all'occorrenza. Gli chiederei di cancellare dalla mia testa alcune canzoni, alcune foto, alcune frasi, gli chiederei lacrime abbastanza e la forza di togliere la maschera e piangere come vorrei.

Può il dolore cancellare tutto il resto? No, dopotutto credo di no. Si annientano solo la voglia di combattere ancora, di credere che tutto è per il meglio. Non ci si può impedire di amare ancora, di costruire ancora con i mezzi che si ha.
Mi chiedo solo come io possa costruire ancora un lato mentre l'altro si sgretola. Ci vuole pelo sullo stomaco. Ne ho abbastanza di macerie, e non abbastanza per modo di dire.

E intanto i giorni passano come uno stillicidio, e in fondo lo ripeteresti all'infinito perchè è stato splendido.

Oggi rivedo il mare. La prossima settimana ho tre esami e tra un mese e mezzo altri sette o otto, e mio babbo viene a trovarmi in Francia tra dieci giorni. Queste sono le uniche cose programmate del mio futuro, a parte le tasse da pagare prima del trenta aprile. Medicina non si tocca.

E' la vita ed è ora che cresci, devi prenderla così... sì, stupendo, mi viene il vomito, è più forte di me, non lo se sto qui, o se ritorno...

Non ne avrei mai abbastanza di parole, ma darò fondo ad una penna e bon.

La portabandiera del 'bianco o nero' voleva uscire dal Limbo, e sono stata accontentata: basta col grigio. Ma ho amato troppo Dante per non ricordare che fuori dal Limbo c'è l'inferno.

giovedì, aprile 09, 2009

I giorni degli alberi rosa

Non avevo mai scritto di fretta.

I giorni in cui gli alberi fioriscono alcune strade di Avezzano sono persino belle: c'è rosa ovunque, e sopra le macchine parcheggiate vicino al marciapiede c'è sempre una coltre di petali rosa staccati dal vento.
Quest'anno i petali si staccano a più riprese, scossi via dalle radici, e non ci sono molte macchine parcheggiate accanto alle case.

Manca il coraggio di fermare chi urla contro al cielo in questa settimana santa, e a volte non ci si ferma neanche per un abbraccio perchè c'è altro da fare.

L'insicurezza, l'imprevisto, lo sconforto e la stanchezza hanno preso il sopravvento anche sugli scossoni intimi che per mesi ho aspettato ansiosa, e che ora mi toccano sotto una nuova luce.
Ho capito che resta chi vuol restare, che si ha voglia di sentirsi amati quanto più ci si sente incapaci di dire amore e che dormire in macchina può essere riposante, quando non tocchi un letto da lunedì mattina.

E le piccole cose su cui in altri momenti avresti riso diventano molto fastidiose, e che altre per cui avrei di certo pianto hanno trovato il modo di arrivare in punta di piedi e le ringrazi, nonostante ancora rattristino.

Ho capito come mai prima d'ora che l'unico rifugio, l'unica cura, l'unica cosa è l'amore, e il coraggio e la fortuna di poterlo dare...e che le uniche circostanze in cui forse l'amore vero non ha modo di uscire sono quelle in cui non si ha più voce. In tutte le altre, l'amore se c'è deve farsi sentire.
Vorresti scocciare chi ami ogni dieci secondi, ribadire, non dire magari nulla, magari far innervosire e rispondere male, obblighi i familiari ad andare al cesso con il telefono in tasca e giri con il caricabatterie nello zaino, e dove trovi una presa zac! lo agganci alla corrente. E guardi lo schermo ogni 20 secondi perchè magari c'è una risata in 160 caratteri, ed è tutto un trasalire ad ogni vibrazione di incerta origine.
L'umore sbalza e sobbalza anche lui, e si parla tutto d'un fiato, tante virgole e pochi punti perchè si vuole arrivare prima possibile a fine periodo.

L'attesa dolorosa e tremante di questa Pasqua è lunga, impigliata nelle lancette, incastrata sotto le tegole crollate e nei "Ci vediamo domani!" detti un po' così.

Senti tuo padre, la voce stanca dopo una giornata in un paesino a dare il cambio ai medici stremati, dire che c'è tanto da fare e sapere che sarà di nuovo in prima linea. Vai in ospedale, chiaccheri nel giro visite in cui non era previsto ci fossi anche te, vedi occhiali da sole nelle corsie e ascolti persone parlare dei propri morti elencandoli sulle dita. Scopri che le porte blindate sono state trappole per topi. Non osi nemmeno chiamare alcune persone per sapere dove sono, nè guardi la lista.

Non sai quanto tempo hai per scrivere, e parli di te in terza persona perchè per un poco rallenta il cuore.

sabato, aprile 04, 2009

All'altezza

Dopo il punto a capo, davvero non so come continua la frase. E la possibilità mi rende fiera, mi rende funambola.
Nè dar fuoco al calendario nè tenere chiusa ogni agenda in mio possesso risolverà nulla, ma mi terrebbe le mani occupate e la testa... magari.
Dopodichè, apro l'agenda per esorcizzare. E nella seconda pagina trovo una delle più belle frasi mai scritte, di quelle che ricopio di anno in anno. E che mi appartiene, ora.

" And he knew that at that moment they understood each other perfectly, and that when he told her what he was going to do now, she wouldn't have said 'Be careful' or 'Don't do this' but accept his decision, because she wouldn't have expected anything less of him".

Non sarà un falo di calendari a rischiarare il cammino di cui devo e voglio essere all'altezza, perchè essere fiera passa anche per questo.

giovedì, marzo 26, 2009

Vernice fresca

Da quando sono in Francia questo blog è diventato il posto spesso meno adatto su cui scrivere di me. Forse è per questo che ho smesso di farlo del tutto, ed è come se invece di usare lo schermo avessi imbiancato la mia pelle dall'interno, di quel bianco che invita a scrivere. Ci passo delle ore, ogni giorno, a imbrattare quel bianco di parole che per ora non rileggo. Da qualche parte devo scriverle, altrimenti mi perseguitano. Le lascio dentro perchè se fossero fuori sarei nuda davanti a una folla e sarebbe facile ridere di me anche per gli altri... voglio che ridere di me resti una prerogativa solo mia.
Queste parole potete anche non leggerle, non hanno effettivamente un senso logico. Questo piccolo ermetico abstract di ciò che è scritto sulla vernice fresca devo tirarlo fuori. Dentro non c'è più molto spazio e prevedo di aver bisogno di imbiancare presto.


Incredibile come 'a volte ritornino'. Probabilmente perchè non li ho mai guardati andare via e per me era come se fossero appiccicati anche loro al bianco dentro. Incredibile come ci sia solo una cosa che non potrò mai realizzare, ed è quella che da un po' sogno ricorrentemente. Ne avrei un bisogno immane. Incredibile come ancora sogni stelle tolte dal cielo da qualcuno, apposta per me.
Incredibile come io sia cocciuta. Incredibile come sia io la prima che punterebbe contro se stessa in questa scommessa. Incredibile che c'è effettivamente un ambito in cui non c'è verso, non imparo perchè non voglio imparare. Perchè distogliere lo sguardo è così comodo... anche se prima o poi dovrò fare i conti con i miei dieci decimi.

E ci sono le incredibili 'saving graces' che fanno altrettanto parte di me. So sperare per due, volere per sei, suturare con fili da due zeri a sei-zero, dormire e mangiare per tre, studiare per dieci ore di fila, resistere quaranta giorni senza lettore mp3. So ancora sognare, nonostante tutti i vetri infranti ho cura del vetro che ho e ci sogno attraverso.
E ora so anche quello che voglio fare da grande. E lo so per certo. Il che non aggiunge nessuna certezza alla mia vita, tranne quella di dover fare una scelta in meno e di potermi concentrare su altro.
In questo momento, le saving graces non mi aiutano. Perchè so quale è la posta in gioco... e devo pensare a giocarmela bene da sola.

venerdì, marzo 20, 2009

12.5

Ho capito che la Francia non è il posto adatto per Erasmus che vogliono alzarsi la media semplicemente perchè qui la media non conta nulla: alla fine del sesto anno c'è il concorso nazionale, che puoi sostenere se hai passato tutti gli esami, non importa con quanto.
Quindi qui i professori non si sprecano a metterti i votoni, e su 120 persone solo una decina hanno 16/20, tutti gli altri si aggirano intorno al 10-11.
Tornerò in Italia con una media temo invariata, quindi particolarmente bassa per una che vuole entrare in Chirurgia o in Emergenza.
Ma il mio 12.5/20 in Urgenze, quando più di metà del sesto anno di qui ha bocciato l'esame, questo non me lo scorderò mai. Anche se traducendo da Francia a ECTS e da lì in voti italiani verrebbe "solo" 26.
E le parole del primario di Cardiochirurgia in commissione Erasmus dimostrano che magari non mi laureerò con 110, magari nemmeno con 100, ma che quel non poco che so... lo so anche fare.

Fuori Toulouse scintilla sotto il sole.

giovedì, marzo 05, 2009

Quotidiano per mano

Come quando mi stringi una mano sotto al tavolo.
Come ti stupisci perchè non mi arrabbio quando dovrei. Sicuro che non mi arrabbio?
Come ci si punzecchia sempre, e non cambiamo.
Come quelle volte in cui i tuoi occhi fan tremare.
Come un ennesimo post-it da qualche parte.
Come un messaggio in segreteria che ho riascoltato 14 volte.
Come quando non si dorme bene per le cose non dette.
Come ogni volta che tutti si stupiscono per come non dimostri. Che sono anche quelle in cui io mi stupisco di come tutti non vedano.

Come ogni volta che mi tengo dentro parole importanti e provo a passartele con la telepatia o con un mezzo sorriso.

Come quando finalmente le parole si rifanno vive spontaneamente, senza poter aspettare, così mi piace questo quotidiano per mano. Si passeggia benissimo, per mano.

domenica, marzo 01, 2009

Brina da sciogliere

Sperimentare per la prima volta il blocco dello scrittore mi sta obbligando ad essere paziente con le parole che restano pacificamente dentro, che non spingono per uscire come fanno di solito. Eppure sono davvero una marea.

Quattro o cinque volte al giorno penso che potrei pagare per essere ogni giorno spensierata e leggera come lunedì sera con Ale e Alberto, quando per qualcuno i miei occhi sono talmente importanti da valere 20 ore di viaggio su trentasei, e gli 800 km tra le nostre città sono fatti di modi per esserci e voglia di rivedersi. Ma siamo davvero un caso particolare.

Da una settimana ho finito gli esami e non ho nemmen l'ombra di un voto (non che sia così impaziente di vedere tutti quei 9), ho interrotto le guardie in Pronto Soccorso perchè mi avevano sballato ogni possibile ritmo circadiano e ancora mi addormento ogni volta che posso, sono esattamente tre mesi che non pattino e vedo del positivo nelle mie ginocchia non doloranti ad ogni scalino, mi aspetta una settimana di scartoffie e incontri con i responsabili delle relazioni internazionali e l'inizio del secondo round di studio. Metà della gente che ho conosciuto a ottobre è ripartita. Ed è arrivato già il secondo semestre.

Abbiamo avuto tre giorni di sole di seguito, cosa che per questo posto dimenticato da tutti i climi diversi dal 'nuvoloso con scrosci' è stata una conquista molto apprezzata. Ho scoperto di padroneggiare il francese franchement mieux di quello che credevo. Sto scoprendo dei posti davvero incantevoli nella nostra regione. La Franci è finalmente arrivata nella Ville Lumiére. Ale torna domani. Mia sorella arriva tra due settimane. Inoltre tra un mese ho 20 giorni di vacanze da poter inventare come voglio.

Il tempo si è già ristabilito sull'abitudinario: cielo bigio, luce filtrata, pioggerellina sottile. Sarà che è cominciato marzo, ma ultimamente sono come Toulouse è in questo periodo: un po' ombrosa, con un infinito bisogno di sole e d'azzurro a scaldare i mattoni ed abbagliare i vetri. Più di tutto, però, ho bisogno del mare per sciogliere la brina, non posso contare sulle poche altre cose in grado di farlo oltre al mare. Quindi andrò a prendermi il mare.

domenica, febbraio 08, 2009

Way to go


I'm out of word and with a lot of unwritten things in the meanwhile, but most of all I am joyful. You made it, guys.

Against all odds, despite all the fantasious and different problems, miles, visas, planes, dark days, you made the unexpected come true.


I met Fra first, just a couple of days before he met you. I can perfectly remember his before-you face and his after-you face, and now I can look at his after-face every time I want because it's carved into a picture. That hard, grateful look of someone whose muscles are finally relaxing.


Then, I met you at Nik's place. Me and him, we went to bought food and drinks for dinner, and I will always link that radicchio cream to that night. Amazing how details are coming back: I liked your black shirt and your frank speaking "Nik, ma che cazzo hai comprato? La salsa gialla fa schifo!". I chose it, by the way. You were right, by the way.


Summer 2007 was the best one of my life. I was a wounded girl facing something bigger than me, and you were there helping me get the hell out of that crap. I did something like 7 exams with best marks, doing every day something different, always late at night, sometimes corpses, sometimes tanned, always together.

And when you and Fra came back from Elba, guess that fears and uncertainties couldn't hide the glow. We knew you'd have fight for it.


And now, looking at this picture, I'm taking example and courage for my future, perhaps I'll need to know that yes, it was possible and worthy.

Thank you, babe.

Love, Laurina

venerdì, gennaio 30, 2009

Golden Period

E' un sacco che non scrivo un po' come una volta, complici i mille impegni fissi che questi quattro mesi in Francia hanno consolidato, le guardie in Urgences che mi scaricano le pile (fisicamente parlando. A livello mentale, mi ricordano che sono e sarò sempre in salvo.), le mille piccole e grandi feste, le sessioni di bagna cauda e quelle di perdita di cognizione dello spazio-tempo a JJ.
E non vi parlo dello sci del prossimo weekend sui Pirenei, nè della mattinata 'femme du menage' che mi aspetta domani.
Dopo 20 ore in ospedale su 48 di vita, a malapena tengo su la testa -scrivo in una posizione molto Colomo-like... - ma ho messo a fuoco una cosa importante.
In queste 20 ore, ci sono stata totalmente. C'è voluto del tempo per esserci totalmente in Dea anche se è stata più paura che amore a primo turno, ma sapevo che sarebbe arrivato. Sapevo di doverlo continuare a cercare lì, dentro quella voglia di alzarsi la mattina alle 6, prendere le consegne con gli occhi ancora chiusi, infilarsi lo smezzato bianco e cominciare una giornata in cui avrei capito quasi tutto. E quel quasi ora so che è cancellabile.
Quello che so, è lì che l'ho trovato.

Il Pronto Soccorso è un non-luogo, una location paradossale. L'ho aspettato per anni, ed ora mi districo tra i corridoi senza pensarci. So usare tutti i macchinari, scrivere e prescrivere, fare. Ed ho aspettato tanto, accontentandomi di quello che capivo, un po' un compromesso.

Ed ora, 20 ore su 48 mi hanno ricordato che scendere a compromessi, attendere troppo, accontentarsi a volte sono verbi criminali.
E ho 34 ore settimanali per 6 settimane che mi rinfrescheranno la memoria.
Voilà il mio Golden Period. Il momento delle decisioni vitali.

lunedì, gennaio 26, 2009

Enrosadira - la vie en rose

Il mio pc ha un solo minuto di inattività prima che lo screensaver parta. Ho impostato l'intervallo minimo affinchè i vostri visi compaiano sullo schermo più volte possibile, ogni giorno.

I miei pilastri, i miei rifugi. E ora... ora che i sentieri sono dissestati e che le suole dei nostri scarponi non bastano più, si stringe la ghiera del moschettone che ci lega.

Spalla contro spalla, zampa contro zampa. Soprattutto quando la vita perde la sua tinta rosea, quando si vorrebbe essere un po' Dolomiti, forti e che arrossiscono leggermente ogni nuovo giorno.

Nessun luogo è lontano, e noi lo sappiamo.

Anche se il viaggio Torino-Nice, Nice-Toulouse può farlo sembrare non esattamente dietro l'angolo. Ma io sarò alla Gare Matabiau ad attendervi, quel giorno di grazia in cui arriverete.

Vi abbraccio forte, forte, forte, forte, forte...

lunedì, gennaio 19, 2009

Gli struzzi sotto la neve

Come riemergere da una apnea lunga sette giorni. Sette giorni carichi carichi di vita pura, nei suoi mille aspetti, mille sorrisi, mille panorami, tutti belli come una mattina di Natale.
Ed il perchè è meraviglioso ed inaspettato come degli struzzi sotto la neve, sotto al Monviso.
Non cosa, ma chi.
E capirlo è come un segreto sussurrato all'orecchio solo a me, e mi lascia con il viso radioso ed il cuore gonfio e fiducioso. D'altronde nessuno degli struzzi aveva la testa nascosta sotto la neve: prendo esempio e stacco bene le parole mentre ti guardo negli occhi.

Ti voglio bene.

lunedì, gennaio 05, 2009

Giocala

Ci fosse anche solo una probabilità
giocala...
giocala...
giocala...
prendila...
prendila...
prendila...
prendila.

giovedì, gennaio 01, 2009

Single malt scotch

Non so quanti a quanti di voi piaccia il whisky. Volendo fare una stima approssimativa basandomi sulle occhiataccie e sui commenti sarcastici che sento quando ordino un Talisker, direi che non molti apprezzano. E nemmeno penso a quello che qualcuno penserà leggendo un post che inizia con questo titolo.
Sapete, il whisky rasenta la perfezione, dal modo in cui non bagna il vetro del bicchiere, al modo morbido in cui ti accarezza il nervo olfattivo.
Un single malt è affascinante.
Tutto quello a cui decido di prestare attenzione, vuol dire che ai miei occhi è affascinante e ai miei occhi tende ad essere perfetto. Non per forza bello, o facile, o di moda, o femminile.

Quando la Franci ha chiesto al primario di cardiochirurgia se poteva frequentare il reparto, la sua risposta è stata negativa, perchè che ragione ha una donna, se non è un'infermiera, di frequentare un reparto di cardiochirurgia?
Questo perchè non le è stato chiesto, però.

La differenza tra il whisky ed il bisturi è che -nonostante le battutine simpatiche di uomini veri che del whisky non riescono nemmeno a sopportarne l'odore- so che di uno posso farne una ragione di vita, per ragioni che la vita mi ha dato su un piatto d'argento. Non sono ragioni facili, o belle, né di moda. Per il primario di Firenze, non sono nemmeno ragioni femminili.
Forse non ha un'accezione corretta di femminile.
Ehi, non sono femminista. Mi limito a dire l'oggettiva realtà: lo smezzato azzurro mi dona più di molti altri capi d'abbigliamento.

Di tanto in tanto è necessario vedere il disegno più ampio, fin negli angoli più scomodi e meno scontati.
Nell'angolino in alto a destra, dietro una piegatura del foglio, ho trovato una promessa affascinante: quando sei pronta, puoi ottenere quello che vuoi di più rinunciando a tutto il resto.
L'anno inizia con buoni propositi nuovi di zecca, come da tradizione, ma quest'anno infrango le regole: il disegno è sempre lo stesso.

Mi sto divertendo a cambiare lo smalto tre volte al giorno ora che ho le unghie lunghe, ma preferisco di gran lunga il profumo del betadine a quello del solvente per unghie. E non mi stupisco di torturarmi le mani mentre studio come si pratica un'incisione d'approccio retroperitoneale.

Non so ancora se sarà un cuore sotto un bisturi o sotto compressioni, un'aorta che torna del suo calibro, una cicatrice meno visibile, delle parole che magari tornano al loro posto. So che non sarà stato facile, o bello, o di moda.
So che ne sarà valsa la pena, di rinunciare per questo a tutto quel resto. Il resto, non sarò io ad andarlo a cercare.

L'angolo in alto a sinistra è un post-it piccolo piccolo,una porta aperta.
"Se ha le palle, il resto viene a cercarti".
Beh, resto, non aver fretta.

Domani si torna Oltralpe. C'était bien le temp.