sabato, novembre 24, 2012

Gialli come dire aspetta


Mi hai dipinto una carezza sulla guancia con lo stesso gesto con cui lisciavi la base sulla carta prima di iniziare le rose. E quindi poi ti ho lasciato in pace.

Guardando il cielo sull'autostrada ho capito perchè oggi rispondevi meno, perchè l'unica esortazione meritevole di sforzo era "guarda!" e davanti alla nebbia e agli ulivi sul mio Ipad sgranavi gli occhi come fanno i bambini, a bocca aperta come per masticar lo schermo. Stavi già dipingendo il tramonto di oggi, senza dubbio il cielo più bello che io abbia visto nella mia vita. 
Non ho dubbi sul fatto che ci fosse il tuo zampino in quelle nuvole sfumate, in quel fucsia sfacciato (non l'hai mai usato prima d'ora). 
Un pittore lascia i pennelli solo quando sono finiti o sporchi, perchè di dipingere questo mondo non ci si può stancare. E quanto ti abbiamo stancato, pungolato, punto, prelevato, infuso, trasfuso, stremato in questo anno infinito. In questo anno finito.

Ti abbiamo lasciato ancora una volta a battagliare, un po' contro e un po' per, tutti gli amorevoli penosi chiaccheroni che ti hanno orbitato intorno durante questa guerra come scudieri un po' goffi - sono poi quelli migliori. Stai ancor vegliando su tutti loro, mentre loro credono sia il contrario. Avrei voluto dirti che avevi il nostro permesso, quello di tutti, per andartene a dipingere un po' più in là, en plein air... Ma c'era sempre un Perfalgan da metter su, o un lenzuolo a coprirti troppo o troppo poco. Incredibili mille modi in cui l'amore si dispiega, quanti escamotages deve trovare per manifestarsi, per sentirsi abbastanza. Credo tu ce li abbia perdonati tutti, perchè quelli che hai messo in atto per noi erano ben più bizzarri, ben più duraturi. Tutta l'acqua che sei andato a raccogliere in ogni fonte possibile. Tutti i lunedì mattina spesi per portare me e Gaia a scuola in macchina - la persona meno pigra del mondo che dedicava la sua mattina libera ad assecondare la pigrizia delle nipoti. Tutti i colori di cui ci hai riempito la vita e le mura. Tutti i giornali che hai comprato a papà quando non ricordava di averlo già letto due ore prima - sei copie di Repubblica in una mattina.
Voglio pensare che sia perdonabile il non averti fatto arrendere prima.


Danzano ancora le ballerine di Degas, fioriscono su milioni di pareti le ninfee di Monet.  E noi siamo tutti intorno a te, tutti dalla parte delle radici a guardare verso l'alto. Mentre te non vai da nessuna parte, mentre respiri con la stessa irregolarità che è il naturale ondeggiare delle spighe di grano. 
Hai silenziosamente barattato ogni punto di emoglobina, ogni piastrina per un po' di bello in più. Artista fino all'ultimo blasto, e ne hai così tanti solo perchè non sapevi dove mettere tutta quest'arte.
D'altronde non ti ho mai visto con uno zaino. 

Vedrai, Parigi è bellissima. E volare non è poi così male. 

giovedì, luglio 05, 2012

Vita Nova


C’è riuscita. Devo ammettere che ha trovato più di un modo fantasioso: il primo, quasi un contrappasso, quello di infilare in una stanzina soleggiata di una mansarda nel cuore del Bruco, nella strada dei contradaioli duri e puri, una che reputa il Palio una tamarrata. Giusto per insegnarle a pensare in silenzio.

Il secondo, le coreografie delle rondini su piazza del Campo al tramonto: un modo per avere mio padre fisicamente accanto a sorridere sornione.

Il terzo, bambini che corrono ovunque felici. E una vecchietta ingobbita nel centro della piazza con lo sguardo perso e sereno di chi magari sogna e ricorda -ma che da fuori appare quasi disorientato- che era più bella di ogni rondine palazzo tramonto.



Il quarto, una birra mentre la luna esce da dietro la torre del palazzo che sta nella piazza del Campo, che come avrete capito è l’unica cosa di cui conosco il nome qui.

 E le luci dell’Onda, che più che Onda è un merluzzo ma vabbè, per carità, tanti cari auguri per la prima vittoria dopo quella del 1995.

Eppure c’è riuscita. Nello spazio di qualche ora Siena si è fatta spazio nel disorientamento di una testa, di un cuore che non realizzano ancora davvero che si gira pagina. Eppure si è fatta spazio, quello che basta per chiedere di darle una chance, più volente e meno nolente.

Sono fatta di Firenze, ma sai che ti dico? Due passi qui me li faccio.

Incipit vita nova.

venerdì, giugno 22, 2012

Badz - parte 2


Gli occhi di tua madre erano trasfigurati, quando l'ho vista. Come se un pezzo di puzzle fosse caduto al posto giusto e finora non avevi idea di come potesse essere quel quadro, così tua madre mi è apparsa completata. Piena, proprio ora che dopo nove mesi era finalmente vuota. Sola, quando meno soli si è al mondo. Quando sei una... e il 50% di un'altra.

Se solo potessi spiegarti a parole cosa è successo quando ti ho visto la prima volta. Cosa si sente sotto lo stomaco. Come il cuore si è impegnato in battiti più corposi, come volesse ruggire.
Quando, per la prima volta, ti ho toccata. Il primo bacio sulla testa. La posizione 'sversa post-sbornia' che hai assunto sul mio braccio.I guaìti della zia Beatrice (ma non glielo ridire sennò s'offende. Ultimamente è un po' schizzata, ma le hai fatto tanto bene: sembrava quasi umana con te in braccio). Le coccole dello zio Nicco, che c'aveva i lucciconi agli occhi anche il suo cromosoma Y. 
Le tue bellissime fontanelle.

                                    Benvenuta, amore di zia.

lunedì, giugno 11, 2012

Ma che ne sanno a Trastevere


Ormai l’avete capito, sono quella del tempismo imperfetto. Meno 35 ore al quizzone della vita e io... scrivo un post. Saranno solo una manciata di righe, per tirare fuori una volta per tutte l’astio e la grinta insieme - e lasciare l’astio quanto più possibile incollato qui.

Ma cosa ne sa il Miur.
Ma cosa ne sa il Miur del morbo di Wilson, visto che ogni domanda ha risposte diverse.
Ma cosa ne sa il Miur di quanta fatica facciamo per 7 anni, per arrivare a questo momento della nostra vita: cosa ne sa delle scelte e dei compromessi e della giovinezza regalata ai libri e dei reni zuppi di caffè.

Ma cosa ne sa il Miur di cosa provo io quando si apre la dura e voilà il liquor, trasparente translucente simile a succo di limone diluito, inconfondibile. Cosa ne sa il Miur della mia frequenza cardiaca che rallenta quando vedo la basilare in endoscopia, e se potesse mi sorriderebbe anche il cuore. Cosa ne sa del motor oil, cosa ne sa della rabbia davanti a un grado IV, cosa ne sa della poesia e della meraviglia della corteccia cerebellare.
Cosa ne sa il Miur di Serena, Laura, Alessandro, Bianca, Chada, Alfredo.

Vorrei urlarlo su viale Trastevere, macosac***onesapetevoi. Io per fare questo ho dato TUTTO. E voi vi permettete di fare quiz sbagliati e di non correggerli nemmeno, errori noti dal 2009, roba che siccome li corregge un lettore ottico devo scrivere quello che vuole il Ministero, ma se li correggesse una persona fisica (magari un neurochirurgo, visto che il concorso è per quello) mi caccerebbe fuori a pedate.  

Mercoledì alle 12.30 sarò davanti a 60 domande, contro 11 concorrenti.  11 colleghi che han sofferto e penato quanto me. E ognuno vorrà giustamente sterminare gli altri 11, in barba ad Ippocrate.
Ma prima, alle 8, sarò a fare l’unica cosa in grado di farmi sorridere anche quando tutto trema.

Ma cosa ne sanno a Trastevere dell’odore del betadine sulle braccia.  

"Necessito consulenza"

Stavolta non parlo di ospedali o simili amenità (e forse questo è il posto dove ne parlo meno in assoluto, a dire il vero): il titolo è il contenuto di un sms che mi è arrivato stasera.
Cioè, non solo una povera disgraziata si sta puppando i quiz più idioti del mondo per entrare in un concorso dove anche Lara Croft farebbe marcia indietro, alle 22 ti arriva anche un sms del genere.
E così scopri che non sono i quiz dal 4300 in poi ad essere la cosa più difficile del 2012. E' rispondere a un sms.

Tralascio le risposte che mi sono sgorgate dal petto mentre scorrevo incredula il display (cioèquestamestaachiedestestronzatepropriomòanzichèstudià, macheccaaazzojedicoio, madetanteproprioammè!) e vi propongo un paio di pensierini delle elementari -che sono quanto di più complesso io riesca a produrre al momento, non sparate sulla Croce Rossa- sull'argomento "cosa faccio/dico/agisco per tenermi un esemplare XY".

Ahahahahahahahhahahaahhahahahahaha, sì, io scrivo un post del genere. IO.
Cara X (perchè te la meriti, questa lettera, per contrappasso e per quello che sto facendo, e se non è amicizia questa...),

mi hai fatto la domanda sbagliata. L'unica che non devi fare mai, non solo a me per paura che ti sgozzi -ecco spiegato l'sms e non l'invito per un aperitivo!- ma nemmeno a te stessa. Soprattutto a te stessa.
La domanda giusta è "Cosa fa/dice/agisce l'esemplare XY per tenersi me?"
Vediamo.
Cosa fa: fa l'uomo, e non il maschio. Fa qualsiasi cosa che ti fa rendere conto che con lui è meglio che da sola. Meglio non è uguale a 'più facile': è uguale a meglio. Più bello. Più interessante.
Cosa dice: DICE. Parla. Rende esplicito quello che pensa senza che tu debba minacciarlo con un coltellino svizzero. E dice cose fattibili, e dice cose sincere. Magari dure, ma sincere. (Tutto questo prevede che sia in grado di PENSARE. Vedi te...)
Come agisce: eheheheh. Un po' animale un po' no. Punto primo, agisce. Punto secondo, RE-agisce. Rimettiamo le mummie nei loro sarcofaghi. 

Non ti fa sentire sola al mondo anche quando vorresti esserlo, anche quando vuoi scappare. Non ti fa pesare troppo il tuo lavoro (e qui tanti auguri a te ma anche a lui, poraccio...), non ti porta via pezzettini di te e ti rimprovera se te ti plasmi su di lui. Ti chiede se ti riconosci nello specchio. Raccatta ed incolla i pezzi del famoso specchio che rompi le mattine in cui sei inguardabile, e te non te ne accorgi nemmeno. Ama le tue doppie punte -dovrai avercene almeno tre pure tu, eccheccavolo- e non gliene pò fregà de meno di come ti vesti e dei mollettoni da parrucchiera e dei peli. Peli are overrated.
E hai presente la Sindrome di Ondine? Viene quando sei accanto ad una persona a cui devi continuamente dimostrare, continuamente essere all'altezza: sei così impegnata a respirare che ti perdi il bello, e perdi te stessa. Ecco, se c'è quella devi fare una cosa tu. FUGGIRE VELOCE.
Ti deve far star così serena che ti dimentichi persino il nome dell'Antra, altrimenti gambe in spalla and never look back.

Per tornare alla tua domanda: cosa devi fare te?
Devi dare un calcio al passato e alle paranoie dentro cui ti sei trincerata. 

Devi dargli modo. Dargli tempo -poco. Dargli una vera occasione. 
Dargli il regalo che sei. 
Meglio se impacchettato in pizzo bianco. 

Basta guardare il mondo dietro al buco della serratura: go get it.
In bocca al lupo, X. 

mercoledì, maggio 16, 2012

Il tempo svaligiato


 5 o 6 cicli di rehab fa, Britney Spears (udite udite, che citazione di spessore) cantava in bilico su un canyon nel video di “I’m not a girl –not yet a woman”. Avevo circa 15 anni quando passava su MTV, e undici –argh- anni dopo sono seduta su uno scalino nell’aeroporto di Malpensa col pc sulle ginocchia, il programmino dei quiz del MIUR aperto su una domanda sui vampiri (quasi quasi è meglio Britney Spears), a meno di un mese dall’esame di ingresso alla scuola di Neurochirurgia, in partenza per Tenerife.Mi sono bruciata ogni genere di neuroni, se mi sono ridotta a scrivere di Britney Spears (o a partire per Tenerife in questo momento). Nei mesi più importanti della mia vita accademica mi sono girata Uganda e Olanda, sono tornata in Francia, passata in Svizzera, ho scritto un articolo, fatto due poster, presentato un abstract e ora vado alle Canarie. Cretina! Anzichè stare a casa a fare i quiz! Mentirei se dicessi che non mi sento in colpa a divertirmi così e che non temo che il karma mi si rivolti contro, seguendo l’esempio del mio conto corrente.Allora PERCHE’ continuo a fare biglietti aerei, prenotare macchine e caricare e scaricare valigie piene di libri (che peraltro apro!!) su e giù da aerei e treni? Perchè continuo a voler masticare il mondo proprio ora che dovrei ingoiare solo nozioni?
Fondamentalmente l’ho sempre fatto. Mi sono sempre trovata con l’acqua alla gola, qualsiasi cosa facessi. Ma ho sempre saputo nuotare, e questo continua a fregarmi. Sfido sempre le boe. O quantomeno questo è quello che appare dal di fuori, e spesso anche a me. Non sono una maratoneta, sono una sprinter. Tanti sprint al giorno piuttosto che un rigagnolo di lavoro lungo tutta la giornata. Dopo 26 anni credo di aver capito che il mio cervello incamera nozioni in maniera quantistica, quindi perchè costringerlo a fare diversamente? (Nei momenti di scoramento mi dico che sono semplicemente una smidollata senza volontà. In genere capita nelle pause tra uno sprint e l’altro, quindi diverse al giorno. Ecco la bi, tri, eptapolare che è in me.) 
Nonno diceva che gli unici che gli unici marinai talmente bravi che potrebbero dare del “tu” al mare sono saggi e non lo fanno.  E’ una frase che non manca mai di riproporsi, quasi come le canzoni di Britney Spears. L’avevo quasi dimenticata! La sua canzone è esattamente ciò che mi sento io ora, nè carne nè pesce, nè regazzina nè donna. Ho due cromosomi X che vorrebbero fare le 5 in discoteca ma che alle undici sbadigliano sui divanetti del privè.
E’ quella fase strana in cui tutti hanno una precisa idea di te e delle tue potenzialità, tranne te. Non è più l momento in cui si cercano conferme su di sè (banalmente, gli altri mi dicono una cosa e io non ci credo) ma nemmeno sono in grado di presentarmi: ok per la parte di “io faccio”, ma... “io sono”?
Io sono tutto quello che non sono stata questi anni, tutto quello che non ho morso del mondo, tutti quelli che non ho conosciuto abbastanza e quelli a cui non ho dato troppo peso, me stessa in primis. Io sono gli anni che rimasti impigliati nelle lancette degli orologi a cui non ho mai cambiato la batteria: per troppo a lungo sono stata un quadrante immobile. Per questo ora svaligio il tempo e mi invento modi e posti nuovi dove concentrarmi e dare il 200%.  Perchè, se tutto va come vorrei, presto il tempo tornerà a comprimersi.
I gliomi a bordo spiaggia e 2000 quiz su un vulcano sono sfide all’Alzheimer. Una festa per il sistema limbico (e per i melanociti, che nessuno, neanche Britney Spears, menziona mai.)

domenica, febbraio 12, 2012

Yashal

Le cinque fasi dell'elaborazione del lutto sono la teoria più strampalata che mente umana abbia proposto ad altre menti umane, ansiose di dare spiegazione, senso e possibilmente un percorso comprensibile al dolore. C'è una fase in particolare che mi fa dubitare più delle altre della validità del modello: l'accettazione.
Accettazione?
Ci vorrebbero far credere che si può accettare di aver perso qualcuno, di aver perso un sogno, di dover voltare pagina con dolore. No.
Si può scotomizzare, si può -per i più bravi- patteggiare (ma questa è un'altra fase), semmai ci si può spingere a far buon viso a cattivo gioco. Ma non dura a lungo.

I thought, at the beginning, I was writing for myself. But I got a message while ending last sentence, and figured out what Yashal really means. Means a grace stolen from a life, savour a hint of blessing and then it's gone. And then he's gone.
But you're not, even if you wish you were.
Lady E, this is for you.