lunedì, agosto 30, 2010

Un canto di sirene ad ogni passaggio

"E fu il calore di un momento, poi via di nuovo verso il vento, davanti agli occhi ancora il sole, dietro alle spalle un pescatore..."

Ho cominciato a scrivere questo post nella mia testa quando i sassolini nel costume non erano sufficientemente scomodi da farmi alzare da dov'ero, immersa nella risacca ad ogni andirivieni del mare, sotto ad un azzurro impietosamente perfetto da ripagarmi di ogni giorno in cui l'ho sognato da lontano.
I momenti preziosi si sono infilati uno dietro l'altro come perle, tutti uniti da un fil rouge gastronomico da cui nulla può prescindere.

Una T-shirt bianca con vista su Scilla sfavillante al tramonto.
Granite e brioche, ho perso il conto.
Nonna e le sue sfilze interminabili di frittelle e di rimproveri pieni di anni e d'amore.
La famiglia che si unisce in un fronte comune non appena si rannuvola l'orizzonte.
Una cena con cugini che è una specie di cabaret.
Un concerto al belvedere che mi ha fatto tanto sorridere.
I capricci e l'intelligenza di Sasha, gli occhi di Jonathan, il sorriso di Davide, il dolcissimo peso di Riccardo che si addormenta tra le mie braccia accontentandosi di una ninnananna in gaelico sicuramente stonata.
Il viola violento delle bouganvillaes fiorite ovunque.
Tanto di quel sole che credo si siano abbronzate persino le ossa.
La grande soddisfazione per un rapporto che è una scommessa vinta.
Il mare ingrossato di ieri, per ricordarmi che dalla corrente conviene farsi portare senza troppe storie e che se non osi poi rimpiangi.

Pensavo non si potesse raggiungere alcuna vetta maggiore di serenità, e ho scoperto che mi sbagliavo durante una notte di tamburelli ed organetti e voci e piedi pestati e passi inventati in cui ho sudato la vecchia nostalgia per far spazio alla nuova: quel genere di rari momenti in cui sai di essere al posto giusto al momento giusto.

A gambe stese sui sedili di un regionale che mi riporta tra le piovose montagne abruzzesi la sensazione é più o meno la stessa, forse un po' più dogmatica, ma so di essere dove devo, anche se le sirene sono ormai lontane. Ubi maior, abbassano la voce... ma non ci si lega mai bene abbastanza per restare incolumi.

L'unica magia a cui non sarò mai immune è chiusa in un angolino di acqua e sassi da cui per troppo tempo resto lontana, che sempre mi abbaglia e da cui sempre troppo presto devo scappare, ancora e per sempre irretita.

"...nelle braccia già di un treno 
che lasciava dietro 
un cielo da dimenticare 
mia nonna che mi dava il cuore 
delle rondini 
"un giorno dovrai andare". 
Nuda di lacrime
lasciavo il mio oriente 
senza parole nuda per la mia gente..." 
(Mia Martini, Il mio oriente)