martedì, giugno 23, 2009

Sentirsi S.

Sentirsi Sfinita.

Sulla navetta per Paris Orly - e poi all'aereoporto- ho pianto talmente tanto che la gente mi stava alla larga. Stava per arrivare una settimana dura.
Per fortuna non sapevo ancora quanto.
7 giorni in cui la cosa più difficile è aprire gli occhi al mattino, perchè sei perfettamente sveglia e consapevole della fossa di leoni che ti aspetta fuori dai confini delle lenzuola.
Una fossa dei leoni vuota, questa université deserta dove prima non c'era verso di avere pace nemmeno a pagarla, e ritrovarti sola in tutto il chilometro quadrato di campus di medicina fa male. Finalmente il sole batte forte e Toulouse è bellissima, e gli occhi di chi l'hanno mangiata a morsi con te negli scorsi mesi sono lontani.

Sentirsi Sola.

Dopo la zingarata con le radici amiche di sempre con cui ci raccatteremo vicendevolmente à la petite cuillère quando saremo rientrati, dopo 3 giorni senza posa in giro per la Capitale, dopo una decina di giorni incantevoli passati tra neve e oceano, l'arrivo ai 28° di Blagnac è stato una... doccia fredda.
Inoltre l'FBI ha i suoi tempi biblici, e quindi tutti gli 'ooooh' e 'aaah' che avrei voluto sentire in quasi diretta mi sono stati negati. Come tante piccolezze che il telefono non concede, specie un telefono non tuo o non funzionante o non da soli, con 8 ore di fuso e mezz'ora dopo una settimana per dirsi tutto. Sèèèè... e difatti capitano cose del tipo che per raccontarsi, per capire, per immaginare, mi sono passati di mente 5 mesi carichi per cui ringraziare. Quindi mi manca il

Sentirsi S.

ovvero quelle due o tre parole stupide che condividono la stessa iniziale e lo stesso modo di essere pronunciate, a breve distanza dall'orecchio e con voce intima. Cercherò di ricordale bene, perchè temo mi mancheranno per un po'.

S&S

Mentre stamani aspettavo il bus per andare al mio primo colloquio con un prof da convincere pensavo a cosa questo Placement qui può portarmi il prossimo anno, se forse non fosse il caso invece di fare rotta altrove. Un'altra lingua, un'altro fiume in mezzo alla città. Forse fa bene Ale a chiedere Londra... forse dovrei aspettare il bando Monash per l'Australia... quanto rischio a tornare qui, tra questi mattoncini rossi che amo tanto ma che hanno visto tanto e fanno da specchio?
Non lo so.

So che oggi ha preso il via, per puro caso, un progetto molto ambizioso che potrebbe concludersi in tesi: non dico altro finchè non ne saprò di più... ma le sue parole chiave sono sogni e speranza.

E sono le S. maiuscolissime che al momento non mi mancano, perchè tre professori hanno deciso che valgo la pena di aprire un Placement ad hoc solo per me... "tu es une esperance."
Se davvero i miei anni di Medicina finissero come oggi ho iniziato a sognare, i miei figli avranno qualcosa per cui essere orgogliosi della propria madre.

martedì, giugno 16, 2009

Per i mille colori della Grand Prismatic Spring

Mi piace che sei un paradosso. In fondo ne stai solo combinando un'altra delle tue, e mi piace così tanto.
Mi piace il tuo riuscire a complicare ulteriormente cose già complicate, dandogli un peso tangibile che è stato molto bello portare con te. Farsi le spalle insieme può aiutare.

Sono disposta a passare su 8 fusi orari, strafalcioni di inglese, americane cinguettanti (se mi sentisse Amy...) proprio perchè mi ha conquistata la tua testa perennemente into the wild, e non ti cambierei per niente di più tranquillo. Il rischio in questo caso mi piace.

Mi piace - e mi fa piangere a più riprese - avere una paura matta. Io, roccia organizzativa, trottola perenne, indipendente e vagabonda, ho paura di non saper esserci come si deve. Come si deve?
Imparalo con me, come si deve. Inventiamolo questo come si deve, come si può, ci vorrà fantasia. Ma sarai in un posto che è il cuore battente della fantasia, dove un lago può essere un arcobaleno. Non potrei immaginare una dimostrazione di possibilità più grande.

Sarò cemento molto armato.
Buona fortuna, e non so a chi dei due lo dico di più.
Bisou,
S.

mercoledì, giugno 03, 2009

Saisons - cambio di stagione

Al ritorno da Belle-Ile ieri sera ho staccato dal muro tutte le foto, e tra qualche istante l’edera, i fiori e la cartina seguiranno la stessa sorte. Sto liberando la stanza 1170 dopo 9 mesi di vita bellissima e non sempre semplice, ma in realtà chiedo a gran voce ai muri tornati bianchi di liberare me, di lasciarmi andare.

Nel salutare stasera Ester, Valentina, Jonathan e Clémence non ho avuto neanche una lacrima da ricacciare giù, e sia ben chiaro che non è stato un ciao da nulla: stasera Laura ha finito il suo Erasmus. Poiché anche Ale è in fase di vagabondaggio e la ritroverò direttamente a Firenze, non ha più molto senso che io resti qui.
Tornerò a Toulouse solo per recuperare bagagli e qualche esame.

Sarà che per me il difficile arriva ora. Tra 4 ore riempirò una valigia del necessario per i miei prossimi 15 giorni in giro per l’Europa e scenderò ancora una volta alla fermata di Patte d’Oie.
Poi Italia, poi Francia, poi Scozia, poi di nuovo Francia, poi di nuovo Italia. E sono talmente fortunata da avere un abbraccio in ognuno di questi posti, e talmente presuntuosa da desiderare nell’intimo che uno di questi abbracci, quotidiano in questi nove mesi, non passi l’orizzonte. Mi piace respirare normalmente. Ma sono anche talmente orgogliosa e ho una paura tale che non glielo dirò. Forse lo leggerà qui, e saprà di dover guardare sotto la maschera di ferro che spero faccia il suo dovere fino alla fine, sciogliendosi al di là dell'imbarco di Caselle.

Dopo tanti mesi di incertezza, dopo oscillazioni d’umore, dopo tutti questi passetti di avvicinamento intravedo all’orizzonte una marea di dolore, esami e burocrazia. Al momento non ho voglia di essere solo dove andrò.

Infine, anche se so che niente finisce, sarà strano esser lontani io e voi. Come un cambio di stagione improvviso torniamo ad essere tutti sparpagliati per il globo, come prima di conoscerci. Proprio perchè la stagione che chiudo stanotte è stata talmente piena di luce a dispetto della piovosità tolosana voglio sforzarmi di vedere di buon grado il momento in cui dovrò forzare il respiro, voltarmi e costringere la mia vita a continuare, a farmi sedurre ancora.


Mia nonna mi avrà detto sei o sette volte che l'inverno del '54 e quello dell'86 sono stati terribili, che ancora si ricorda la neve alta come le case. Le cose che entrano nelle ossa come il freddo non si scordano... e voi mi siete dentro fino all'osso, e contribuite alla mia solidità.
Io potrò raccontare della neve di quest'anno, alta come le case, e dei fiori bellissimi lungo la Garonne della stagione '08-'09.


Merci.