mercoledì, aprile 15, 2009

Oltre il Limbo

Sul mio sesto senso ci si potrebbe fare una tesi di laurea.

Una sola persona non può gestire tutte queste emozioni in una volta sola, mi ripeto ogni volta che capita di trovarmi sopraffatta da cose che vedevo arrivare. Come salire su un treno che prende velocità piano piano, e siccome è nella mia natura fare indigestione di paesaggi resto vicino al portellone aperto e ops, ma guarda, quando la corsa vera inizia rotolo via.

Non ho ancora deciso se sono stupida o cosa.
Di sicuro sono stufa dei treni, e forse anche un po' del mio sesto senso. Annienta di più sapere che sapevo e che non ho fatto niente per impedirlo. Anzi!

Ho radicati in me il senso del giusto e dello sbagliato, una forte dose di fatalismo e una altrettanto forte di fede. Sono colonne portanti, sono picchetti che tendono i tiranti della mia tenda. Ben tirata così, la tenda fa il suo dovere e non si muove... ed ormai mi è chiaro che ciò che non barcolla frana direttamente.

Il problema serio, ahimè, è che se sul comodino domattina trovassi il Genio della lampada appollaito in tutto il suo azzurro splendore non avrei idea di cosa chiedergli.

Non potrei chiedergli di darmi fiducia. Non avrei abbastanza forza per utilizzarla.

Non vorrei chiedergli di dirmi che ne sarà di me tra un anno. La strada voglio godermela, e ci sono risposte che temo.

Non potrei chiedere di cancellare il treno perchè ho visto paesaggi bellissimi, paesaggi che mi mancheranno da morire se dovessi rotolare troppo lontano dai binari.

Non mi abbasserei a chiedere coraggio, ce l'ho selpolto dentro e scaverò da sola quando sarò pronta.

Non chiederei mai di tornare indietro nel tempo... ma non nascondo la tentazione sarebbe fortissima.

Gli chiederei forse di costruirmi uno spazio-tempo parallelo dove dimenticare tutto all'occorrenza. Gli chiederei di cancellare dalla mia testa alcune canzoni, alcune foto, alcune frasi, gli chiederei lacrime abbastanza e la forza di togliere la maschera e piangere come vorrei.

Può il dolore cancellare tutto il resto? No, dopotutto credo di no. Si annientano solo la voglia di combattere ancora, di credere che tutto è per il meglio. Non ci si può impedire di amare ancora, di costruire ancora con i mezzi che si ha.
Mi chiedo solo come io possa costruire ancora un lato mentre l'altro si sgretola. Ci vuole pelo sullo stomaco. Ne ho abbastanza di macerie, e non abbastanza per modo di dire.

E intanto i giorni passano come uno stillicidio, e in fondo lo ripeteresti all'infinito perchè è stato splendido.

Oggi rivedo il mare. La prossima settimana ho tre esami e tra un mese e mezzo altri sette o otto, e mio babbo viene a trovarmi in Francia tra dieci giorni. Queste sono le uniche cose programmate del mio futuro, a parte le tasse da pagare prima del trenta aprile. Medicina non si tocca.

E' la vita ed è ora che cresci, devi prenderla così... sì, stupendo, mi viene il vomito, è più forte di me, non lo se sto qui, o se ritorno...

Non ne avrei mai abbastanza di parole, ma darò fondo ad una penna e bon.

La portabandiera del 'bianco o nero' voleva uscire dal Limbo, e sono stata accontentata: basta col grigio. Ma ho amato troppo Dante per non ricordare che fuori dal Limbo c'è l'inferno.

giovedì, aprile 09, 2009

I giorni degli alberi rosa

Non avevo mai scritto di fretta.

I giorni in cui gli alberi fioriscono alcune strade di Avezzano sono persino belle: c'è rosa ovunque, e sopra le macchine parcheggiate vicino al marciapiede c'è sempre una coltre di petali rosa staccati dal vento.
Quest'anno i petali si staccano a più riprese, scossi via dalle radici, e non ci sono molte macchine parcheggiate accanto alle case.

Manca il coraggio di fermare chi urla contro al cielo in questa settimana santa, e a volte non ci si ferma neanche per un abbraccio perchè c'è altro da fare.

L'insicurezza, l'imprevisto, lo sconforto e la stanchezza hanno preso il sopravvento anche sugli scossoni intimi che per mesi ho aspettato ansiosa, e che ora mi toccano sotto una nuova luce.
Ho capito che resta chi vuol restare, che si ha voglia di sentirsi amati quanto più ci si sente incapaci di dire amore e che dormire in macchina può essere riposante, quando non tocchi un letto da lunedì mattina.

E le piccole cose su cui in altri momenti avresti riso diventano molto fastidiose, e che altre per cui avrei di certo pianto hanno trovato il modo di arrivare in punta di piedi e le ringrazi, nonostante ancora rattristino.

Ho capito come mai prima d'ora che l'unico rifugio, l'unica cura, l'unica cosa è l'amore, e il coraggio e la fortuna di poterlo dare...e che le uniche circostanze in cui forse l'amore vero non ha modo di uscire sono quelle in cui non si ha più voce. In tutte le altre, l'amore se c'è deve farsi sentire.
Vorresti scocciare chi ami ogni dieci secondi, ribadire, non dire magari nulla, magari far innervosire e rispondere male, obblighi i familiari ad andare al cesso con il telefono in tasca e giri con il caricabatterie nello zaino, e dove trovi una presa zac! lo agganci alla corrente. E guardi lo schermo ogni 20 secondi perchè magari c'è una risata in 160 caratteri, ed è tutto un trasalire ad ogni vibrazione di incerta origine.
L'umore sbalza e sobbalza anche lui, e si parla tutto d'un fiato, tante virgole e pochi punti perchè si vuole arrivare prima possibile a fine periodo.

L'attesa dolorosa e tremante di questa Pasqua è lunga, impigliata nelle lancette, incastrata sotto le tegole crollate e nei "Ci vediamo domani!" detti un po' così.

Senti tuo padre, la voce stanca dopo una giornata in un paesino a dare il cambio ai medici stremati, dire che c'è tanto da fare e sapere che sarà di nuovo in prima linea. Vai in ospedale, chiaccheri nel giro visite in cui non era previsto ci fossi anche te, vedi occhiali da sole nelle corsie e ascolti persone parlare dei propri morti elencandoli sulle dita. Scopri che le porte blindate sono state trappole per topi. Non osi nemmeno chiamare alcune persone per sapere dove sono, nè guardi la lista.

Non sai quanto tempo hai per scrivere, e parli di te in terza persona perchè per un poco rallenta il cuore.

sabato, aprile 04, 2009

All'altezza

Dopo il punto a capo, davvero non so come continua la frase. E la possibilità mi rende fiera, mi rende funambola.
Nè dar fuoco al calendario nè tenere chiusa ogni agenda in mio possesso risolverà nulla, ma mi terrebbe le mani occupate e la testa... magari.
Dopodichè, apro l'agenda per esorcizzare. E nella seconda pagina trovo una delle più belle frasi mai scritte, di quelle che ricopio di anno in anno. E che mi appartiene, ora.

" And he knew that at that moment they understood each other perfectly, and that when he told her what he was going to do now, she wouldn't have said 'Be careful' or 'Don't do this' but accept his decision, because she wouldn't have expected anything less of him".

Non sarà un falo di calendari a rischiarare il cammino di cui devo e voglio essere all'altezza, perchè essere fiera passa anche per questo.