lunedì, dicembre 31, 2007

Datemi un sacco da boxe!

Odio il Capodanno. L'ho sempre odiato. Detesto tutto questo fervore, quest'attesa di chissà cosa, tutte le cose luccicanti e l'angoscia sul cosa mettersi e le lenticchie e la profusione di cibo e i "Cosa fai a Capodanno?", l'intimo rosso (col cavolo! Pizzo grigio perla!) le trasmissioni idiote, i messaggi di auguri inviati alle rubriche intere. Piuttosto che mandarmi roba prefabbricata, cancellatemi dalla rubrica.

Tutta la verità, nient'altro che la verità è che io sogno di passare l'ultimo dell'anno in tre posti, e basta. Un posto sperduto con tanta neve e tante stelle e il mare possibilmente non distante, il Pronto Soccorso, una sala operatoria.
A Capodanno ci si deve sentire per forza fighi e speranzosi? Io preferisco restare sull'onda di sempre, della Laura quotidiana. In questo preciso istante, con il sapore delle lenticchie ancora in bocca ed un dentifricio fortunatamente a soli tre metri di distanza, sogno di infilarmi una divisa bianca e mandare a... ballare tutti. E se ci fosse anche qualche mano da ricucire di qualche cretino che si diverte con le bombe carta artigianali ben venga, ovviamente solo dopo lo spumante di mezzanotte.
Stasera sono se possibile più insofferente e odiosa del solito.
A Natale siamo quasi tutti più buoni.
Ah, già, dimenticavo. Un meraviglioso, fantastico, superspeciale anno nuovo a tutti carico carico di amore. Suona bene, no?

domenica, dicembre 30, 2007

Logorrea


Ma quanto scrivo in questi giorni?


Kaolin canticchia in sottofondo, la mia nuova creatura per ora se ne sta buona qui accanto -ma me la vedrete presto addosso a far compagnia ad una sorellina- e in casa non c'è nessuno. Una intera giornata passata a scervellarmi su un girotondo infernale di fattori e cofattori, e poi, al secondo caffè, quando l'orologio ormai ticchetta le sei, tolgo le briglie ai neuroni e mi rifugio nell'empireo delle parole. L'argomento del post di ieri ancora non abbandona la mia testolina, e se possibile mi ha costretto a qualche riflessione non indolore sugli ultimi 364 giorni.
364 giorni fa a quest'ora ero a passeggio in Calabria con mia cugina, credo pensando solo all'imminente Capodanno e niente più. Un anno fa non avevo idea di star camminando su un trampolino sospeso sopra una piscina colma di... tutto, e che mi sarei tuffata gioiosamente tra acque torbide, per riemergerne non indenne.
Oggi mi sono resa conto che mi sto ancora strizzando i capelli a bordo vasca, e che quelle cose che durante quest'anno mi tiravano giù verso il fondo come Avvincini da ora in poi saranno solo alghe fastidiose e niente più. E, soprattutto, c'era una cosa che mi ha dato molto fastidio quest'anno, ed era l'odore di cloro. Da ora in poi si nuota in mare aperto, ed il sale sulla pelle non brucerà, perchè le ferite sono rimarginate.
Sis phenix...

sabato, dicembre 29, 2007

Once upon a time

Appena finirò di scrivere questo post passerò ad una lettera di ramanzina per Babbo Natale. Ieri sera sono stata al cinema a vedere La Bussola d'Oro e ho scoperto che sotto il mio albero di Natale mancava un regalo fondamentale. Io dell'aletiometro avrei davvero bisogno! Mi piacerebbe molto potermi porre una domanda, e scoprire la verità subito dopo. Sarebbe tutto così semplice! Credo gli orsi polari corazzati si possano noleggiare e per quanto riguarda il dirigibile non ci sono problemi, combatterò affinchè la costruzione di un aggeggino simile diventi il nuovo hobby di un ingegnere dotato di fantasia e cavalleria galoppanti e di parcheggi femminili. In mancanza di aletiometro, però, posso sempre imparare a leggere i fondi di cioccolata calda con la panna, sicuramente potrei accumulare una ragguardevole esperienza.



Ieri ed oggi sono stata con Enzo e Francesca, 4 anni e mezzo e 3 e mezzo rispettivamente, e ho avuto modo di recuperare la palestra che non faccio da quattro anni, l'allenamento nei cartoni animati e le mie doti di cantastorie e giullare. Ancora non confido che un po' di polvere di fata faccia volare via ogni malevola intenzione dal Mugnai il giorno in cui ci incontreremo, ma ci sto arrivando.


Ciò che però mi ha fatto riflettere sul serio, in questi giorni di delirio Disney, è stato il rendermi conto che sono fuori dal tempo delle favole.

La Bestia aveva tempo fino ai 21 anni prima che la sua rosa sfiorisse del tutto, tutti i tizi di Harry Potter già prima di finire la scuola hanno idee chiare e partner da cui non divorzieranno, in High School Musical (sì, ho visto anche quello, non commentate) due pischelli vengono trascinati su un palco e mentre scoprono di saper cantare anche fuori dalla doccia scocca la famosa scintilla, la Bella Addormentata nel Bosco si punge con l'arcolaio il giorno del suo sedicesimo compleanno, e scommetto che Cenerentola non aveva rughe.


D'improvviso, mi sono ritrovata dalla parte di quelli che le favole le leggono agli altri.


Non incapperò mai in mele avvelenate, se conoscerò nanetti è probabile che penserò più ad una loro mappa genomica che ad una miniera di gemme preziose e di papabili matrigne ne ho fatte scappare almeno tre, ma nonostante ciò mio padre non si è fidanzato con una maestrina dall'aspetto dimesso che si tramuta in gnocca, classico happy ending di tutti i papponi che le reti mandano in onda nei giorni di festa.


Sono certa di non essere una principessa in incognito, nessun principe ha mai chiesto la mia mano e al liceo ero una delle invisibili che dovevano rispondere 'presente' all'appello per essere notata. Ben poco di fiabesco.


Ma poi oggi Francesca mi ha detto che sembro Crudelia, così, di punto in bianco, mentre scartavo un cioccolatino per lei. E quando le ho chiesto perchè (sbigottita, giuro, c'ero rimasta di un male...) mi ha detto che è l'unica principessa che conosce con i capelli lisci. Ora, forse non ha colto molto bene il senso de La carica dei 101, però mi ha fatto capire una cosa. Nella sua ottica, ogni fiaba ha una sua principessa.
Considerato che non rispondo a nessun criterio classico di principessitudine e che la descrizione che più mi si addice è perfida e malefica, direi che la situazione volge quasi a mio favore.
Non sono ancora pronta a rinunciare alla mia favola, quella in cui capita qualcosa che stravolge tutti i piani possibili. "C'era una volta" resta ancora in cima alla top ten dei miei incipit preferiti, incollato lì da un Incantesimo di Attacchinaggio e dalla strenuo profumo di fiaba che resiste e si fa respirare ogni singolo giorno della mia vita.

venerdì, dicembre 28, 2007

2008 - Going free

Last days of this 2007 still dropping on my planner, I'm giving them the last space in this NowhereLand for a quick resume. It needs to be done, just many other things needed to be faced during last months.
I learned not to crack up, and how to laugh off.
I practiced the art of inter, and I buried the hatchet, and I won't let anybody in my innermost potter's field.
I got skilled battening down instead of turning a blind eye, and after all it's break even.
I met five persons who made my life joyful and valid.
I've drawn lines not going to be crossed.
I got the hang of taking out.
I've been taught a couple of lessons I won't ever forget.
More than ever, some songs became good-luck charms.

No slouch doing all by myself.
Not scared or damaged, despite someone still believes that.
I gained my brightest smile ever, and come what may it will shine across my 2008.
May yours be just pure joy.

martedì, dicembre 25, 2007

Tu, quanto tempo hai?

Ci sono foglie che si aggrappano ai rami perche non vogliono cadere mai,
ci sono stelle che si aggrappano al cielo perche si accorgono di finire,
sai, ci sono ubriachi che stringono il bicchiere perché è sempre l'ultimo che fa paura,
ci sono uccelli che sentono lo sparo e contano quanto gli resta ancora.
Ed è soltanto questione di tempo:
quello che serve a salvare un uomo,
il cielo quando è in attesa di un lampo,
una chitarra che aspetta un suono,
una ragazza col cuore in gola,
perché il suo amore non puo finire,
o il tempo prima della parola che non avresti mai voluto dire...
E tu, quanto tempo hai?
tu,quanto amore hai?
io, non ti perdo mai ti aspetto al fondo di questa strada, sai;
tu,quanto tempo hai, quanto tempo hai,
quanto amore hai?
Ci sono ragazzi che chiudono gli occhi e si distruggono in un altro tempo,
ma d'altra parte ci sono vecchi che darebbero tutto per un momento,
ci sono lettere che non arrivano,
baci che restano immaginari,
ci sono treni che si stanno chiedendo quando finiscono i binari.
E ci sono poeti che chiedono a Dio un altro giorno per dire qualcosa e i giardinieri sdraiati di notte col naso sul gambo di una rosa,
ci sono bambini che aspettano quando verranno per spegnere la luce,
e uomini che hanno sfidato il tempo perchè qualcuno sia felice.
E tu, quanto tempo hai? tu,quanto amore hai?
basta solo sapere questo, sai,
conta solo questo, sai.
Tu,quanto tempo hai
Tu quanto amore hai: non è niente non è successo niente,
sai, dimmi solo se ti ho perso o non ti ho perso mai;
tu quanto tempo hai? quanto tempo hai,
quanto amore sei?

(R.Vecchioni)

lunedì, dicembre 24, 2007

Sous l'arbre



Il camino schioppetta e scintilla alla mia destra, l'albero luccica alle mie spalle, il coniglio rosicchia lunghe foglie di cavolo nero e l'orologio segna le 22.15 e la tv a basso volume trasmette un documentario meraviglioso, La Marcia dei Pinguini.
Tutto in questo istante sereno parla d'amore.
Ed è tutto quello di cui parlo anch'io qui, ed è tutto quello che vi auguro di trovare sotto ai rami più bassi del vostro albero.

domenica, dicembre 23, 2007

Dentro

In realtà hai usato tutte lettere maiuscole.

4 mesi di assenza non si riempiono versandoci scuse, anche perchè saranno di sicuro talmente pieni d'altro da non poterne più. Allora ok, facciamo che entri nella prima delle tante profonde linee che ho tracciato intorno a me, per tutto quello che abbiamo passato -più o meno insieme- negli ultimi sei o sette anni.

Mi hai chiesto di pubblicare, quindi lo scrivo qui che provo a crederti, che provo a credere a quelle lettere maiuscole. Che mi dispiace se quei 4 mesi traboccano di roba che nausea, mi dispiace per l'amarezza residua, per le linee che anche te hai tracciato.

Ma con le mani nel catino guarda cos'hai perduto... e se ti servissero una mano o un occhio in più per cercare, o per staccarti dal catino, puoi ancora trovarli dietro la prima linea, ancora in prima linea.

sabato, dicembre 22, 2007

Chez moi

Le montagne bianche, nitide, mai così belle, sotto un cielo non ancora blu scuro ma già stellato mi hanno abbracciato ieri al mio momentaneo ritorno alla vita di una volta. Appena finito di avvolgere le lucine intorno all'albero, ho iniziato a preparare la ribollita che sarà pronta solo per domani. Qualche incertezza nel trovare i mestoli e il posto dei piatti, ma ancora casa profuma di casa, e le mie mani profumeranno di aglio per i prossimi tre giorni.


La prima persona che sono andata a trovare è nonna Elena, la mia terza bisnonna che ha 98 anni ed è una vera guerriera. La prima cosa che ha fatto dopo avermi coccolato mezz'ora, la mia mano destra stretta tra le sue, è stata dire "Ah, aspetta, famme vedè 'na cosa." Ha mollato la mia mano destra, mi ha preso la sinistra, ha scrutato l'anulare -vuoto, ovviamente- e ha sentenziato "Brava stellì, non è ancora tempo. Ora puoi prendere un cioccolatino."


La prossima persona che voglio terribilmente riabbracciare dovrebbe arrivarmi ormai ai fianchi e, da quanto ho potuto appurare, ha definito il suo caratterino e le coniugazioni dei verbi. Quanto mi è mancato, davvero non si può spiegare. Tutti dicono che niente può eguagliare il legame che si ha con un figlio e io posso solo dire che se supera questo... per chi lo prova è, e forse un giorno lo sarà anche per me, una benedizione.


E poi... poi viene la mia seconda famiglia, che da troppo non stringo forte forte. E mi sono mancati tanto quanto la mia prima famiglia, e come loro sono una delle ragioni per cui torno ancora qui.


Poi, con calma, un'oretta con due persone, una che manca serenamente perchè manca meno, l'altra che è un nodo allo stomaco perchè è una mancanza che lacera a ogni canzone di Guccini che ascolto, ad ogni passo con gli scarponi, ogni sentiero, ogni volta che infilo l'uniforme scout.


Il disordine, i profumi, i rumori, il divano, il coniglio, le foto, Gaia e papà.


Casa.


venerdì, dicembre 21, 2007

Report - calza numero 19

Solo sorridere. Per i tuoi successi, per i tuoi mai piccoli passi (mai piccoli per ovvie e meno ovvie ragioni), per le nostre chiaccherate, per la tua presenza a fine binario, per le montagne innevate sotto il cielo trapuntato di stasera, per le nostre risate, per l'arrossire coperto dal buio, per la scommessa e per una trama cangiante, calda e bellissima da guardare.

"...Un frisson seulement, devant l'incertain."

giovedì, dicembre 13, 2007

Scrub in

"Vai a lavarti".

C'è solo un posto in cui queste parole assumono un significato particolare, unico, e solo se a pronunciarle è un tizio con una mascherina e un camice azzurro che dice che mi aspetterà per cominciare. E dopo quei 7 minuti di Betadine e continui risciaqui, di accortezza nel non toccare nulla, vengo vestita e mi ritrovo in mano un divaricatore, una pinza e iniziano le tre ore e mezza in cui aver dormito nove ore in tre giorni non conta più, e non contano più le mille ore passate sul Balboni visto che non mi ricordavo i nomi del 30% dei vaserellini, e non conta più che sto per compiere 22 anni e accanto a me c'è il primario che fa un'opera d'arte.
Conta solo il mio indice poggiato sopra ad una arteria femorale, calda, viva, prepotente, indurita da placche calcificate che vengono tirate fuori una ad una, ed un pezzetto lo tiro fuori io. Io, capite? Io. E vaffanculo a tutto il mondo fuori, esami blocchi esercitazioni corse e scapicollate, quando il sangue zampilla. E quella patch a Y proprio bellino alla fine è solo la ciliegina sulla mia torta di compleanno.

"Torna pure tutte le volte che vuoi!"

Da oggi in poi, ho un argomento preferito di patologia, forse l'unico che non mi chiederanno, ma di certo l'unico che non scorderò mai.

lunedì, dicembre 03, 2007

Come una nuvola bianca in una noce scura

Ti auguri non capiti mai, o perlomeno supponi non in una notte in cui i ritmi sembrano rallentati e conciliano il sonno insieme alla temperatura tropicale nelle stanze. Invece per caso, nella quiete, un quadratino rosso spunta quatto quatto nella lista d'attesa altrimenti deserta. E in mezz'ora o poco meno, quel quadratino rosso passa dal suo letto, dall'abbraccio di sua moglie a quello di una macchina per TC, e gli tiene compagnia il mantice ritmico della ventilazione assistita. Qualcosa lì dentro si è rotto, e cosa importa se si chiama arteria cerebrale media del Poligono del Willis quando una madre, un padre e una moglie urlano esterrefatti e l'intero turno A ha gli occhi rossi e spera solo non arrivi un altro codice rosso, per offrire il minimo possibile, uno spazio chiuso per restare di stucco e sfinirsi i polmoni. E fuori, qualcuno ti chiede come mai i medici non l'hanno ancora visitato. Possiamo perdonarci gli occhi rossi, la voglia malsana di prendere qualcuno per la collottola e buttarlo fuori, ma non possiamo perdonarci le volte in cui non guardiamo chi amiamo con la stessa intensità con cui rimpiangeremmo di non averlo guardato quell'ultima volta. Ogni volta che non ci si chiede se davvero avremo di nuovo l'occasione di stringere qualcuno tra le braccia come stiamo facendo in quel preciso istante manchiamo di cura nei confronti di quella persona, di quell'amore.
Quante volte un 'ti voglio bene' non viene detto perchè melenso, e quante volte vorremmo averlo pronunciato non seicento ma sei volte per bene, con forza, occhi negli occhi, vedi, io sono qui, parlo con te e non sono parole di passaggio, e questo sguardo te le timbra addosso. Quante volte quel timbro Prioritario manca sulle quotidiane buste di ciao che ci si urla nel mezzo di strada? No, diamine, non rispondere troppe, perchè così è facile. Prova a rispondere ogni volta una in più, e vediamo se il prossimo bacio che darai avrà lo stesso sapore.

domenica, dicembre 02, 2007

Qualcosa che non c'è

Dicembre è un mese in cui le piccole Italie su schermi e quotidiani sono cosparse di numeri a una cifra sola, il vento passa da fastidioso a tagliente e le sciarpe fanno sempre un giro in più intorno al collo.
Inospitale, ma arrivano le feste e l’anno nuovo è un tir carico di chissà.
Freddo, cosa che per chi apprezza il ghiaccio, il the caldo, i pullover larghi e i camini a
ccesi è un risveglio.
Buio, ma le lucine appese ovunque illuminano e scaldano l’aria.
Adoro essere nata a dicembre perché è il mese che mi rispecchia di più, il bello bisogna andarselo a cercare.

Quest’anno è un caso particolare, perché dicembre comincia in un periodo nebuloso, indefinito della mia vita.
Un quarto anno iniziato in sordina, studiando tanto come sempre, tanto reparto come al solito, un po’ meno ‘universitario’ in senso stretto. La sensazione precisa è quella di avere allentato alcuni contatti con il presente ed il passato per tentare qualcosa che non c’è. Non che siano stati mesi inutili, anzi, c’è un lungo elenco di cose, ciascuna delle quali potrebbe bastare a rendere piena una vita, e qualcuna lo fa davvero.
Il ritorno di Amy, la cura nello studio, l’incredulità per alcuni comportamenti infantili, la fuga a Milano, l’esame di Reumato, la gioia per la laurea di Ale, la riscoperta d’une personne très importante, il corso di Pupazzologia, i muri spogli della mia stanza, il preoccupante callo che ho sviluppato alla morte brutale di conoscenti ventenni, una frase buttata lì che potrebbe cambiare tutto.
Negli ultimi mesi sembra non essere successo niente, invece è semplicemente difficile identificare i piccoli passi e le lievi svolte che delineano il percorso.
Dicembre entra nel limbo, e confido che la prima neve lo seppellisca per poi sciogliersi insieme.
E in questa mestizia dilagante, che a volte si fa indifferenza a volte si fa pungente, oggi ascolto solo queste frasi di una canzone di Elisa.
Miracolosamente
Non riesco a non sognare
E se c’è un segreto è
Fare tutto come se
Vedessi solo il sole