martedì, gennaio 30, 2007

Ing

La sola ragione per cui sono davanti al pc alle 9 di mattina sei tu.


Ti conosco da quando ero in terza liceo, e te eri caporedazione del giornalino della scuola, su cui non ho mai scritto perchè mi vergognavo. Eri anche il fratello della mia migliore amica.
In questi sei anni sei stato una presenza costante e più importante di quanto tu non immagini. E poi credo di essere cresciuta anch'io, e abbiamo iniziato a chiaccherare, e te hai iniziato a fare le uniche foto di fronte alle quali resto a bocca aperta e mi si rimescola il sangue. Non sei numeri numeri numeri, in realtà. Poi hai inziato a far decollare gli aeroplanini, e mentre ero in Bolivia mi informavi di tutti i loro ammaraggi, atterraggi rovinosi e di quando precipitavano senza dare preavviso. E non penso di essermi sentita più fiera di qualcuno quando finalmente tutti i numeri hanno trovato la propria rotta e l'aeroplanino ha fatto ciao ciao alla tua commissione di tesi.

A beautiful mind.

In questi tre anni di rotta distante dalla tua ti ho sempre avvertito più come presenza che come assenza, uno strano virtuale legame di sangue.

Qualche tempo fa ho portato a casa un libro che mi aspettava da parecchio su uno scaffale della Feltrinelli e gli ho permesso di farmi compagnia dieci minuti tutte le mattine, sei o sette pagine al giorno (tempi lontani quelli in cui avevo tempo di stare sei ore di fila a bere un libro intero, ora sono costretta a centellinare tutto ciò che non parla di tessuti, ed organi ed ingoio ma vomiterei tutto quello che invece non parla d'altro. Chi sto diventando?).

Nei ritagli di tempo in cui non faccio la massaia filosofeggio, ed ultimamente mi chiedo se per ciascuno di noi c'è un pool limitato di buona sorte che ci pioviggina sul capo. Perchè se è così credo di potermi iniziare a preoccupare. Ho -solo?- 21 anni ma di tutti quelli di cui ho memoria cosciente porto il sapore in bocca, e degli altri ho sicuramente il profumo addosso; e credo che la buona sorte abbia questo sapore intenso che riempie gli spazi tra i miei denti ogni volta che sorrido. La pioggerellina si è fatta situazioni, risate e persone. e te sei una di quelle gocce particolarmente lunghe, particolarmente sapide, particolarmente importanti, senza poterla definire numericamente. Semplicemente, una di quelle che non si asciugano mai.


Molto forte, incredibilmente vicino" di Jonathan Safran Foer

'"Le dissi: voglio dirti una cosa. Rispose: puoi dirmela domani. Non le avevo mai detto quanto le volevo bene. Era mia sorella. Dormivamo nello stesso letto. Non era mai il momento giusto per dirlo. Non era mai necessario. Pensai di svegliarla. Ma non era necessario. Ci sarebbero state altre notti.E come fai a dire ti voglio bene a una persona che vuoi bene? Mi voltai su un fianco e mi addormentai vicino a lei. Ecco il senso di tutto quello che ho cercato di dirti, Oskar. E' sempre necessario. Ti voglio bene"

mercoledì, gennaio 24, 2007

Toccata e fuga

E’ più di un mese che non vado in Dea, né in Misericordia né agli scout né a passeggio in centro né a fare la spesa.
Sono quindici giorni che non ho una vita sociale, che non mi faccio un bagno lungo mezz’ora, che non faccio una lavatrice, che non dormo senza sognare diencefali e duodeni fare girotondo, che non sto con il mio ragazzo per più di mezz’ora, che ho le occhiaie la pelle spenta i muscoli atonici i capelli informi le gambe gonfie il frigo vuoto una quantità di caffeina in circolo che ha raggiunto la saturazione. Non abbiamo idea se per tutti è stato così, se la tentazione di rimandare ancora una settimana è venuta a tutti, se vi si leggeva il panico negli occhi. Forse no, perché molti di voi hanno fatto quest’esame al momento giusto.
Quando un esame del genere diventa anacronistico non è più uno scoglio, è un parto. Perché bene o male sono nove mesi che si studia questa roba intervallandola allegramente con tutto quello che è servito per passare anno ed esoneri di questo semestre che hanno agito come gomme da cancellare sulle conoscenze pregresse. E ora non se ne può davvero più. Maledetta questa Facoltà che mi costringe a ritmi insostenibili, invivibili, impersonali. Io non voglio ridurmi ad un robot. Questo è quanto ho amaramente concluso in queste settimane, e quello che ho deciso è di prendermi la responsabilità di essere responsabile, di cercare di scazzare questo esame il meno possibile. Probabilmente me ne pentirò e ne pagherò le conseguenze nei prossimi mesi, probabilmente perderò l’anno, probabilmente nessuno condividerà le mie scelte e lo vedrà come un rimandare. E invece no. E’ un voler fare le cose ammodo e a modo mio, con il mio ritmo lento-sbagliato-meticoloso-rompiballe-incosciente-accurato-volenteroso-ansioso-ritardato. Come me. E se sono diversa pace, devo smetterla di sentirmi sbagliata e stupida, perché nonostante alti e bassi ringraziando il cielo la mia autostima rasenta la superbia, il che forse è un vaccino contro il germe dello sconforto.
Buona sessione d’esami a tutti.

PS. E... brave Ile e Fra per i vostri successi di fisio. Brava Nanny per genetica, e in bocca al lupo per fisio2 che hai venerdí, e a Mary per biochimica. E brava Lu per fisio. Tifo per voi, anche in silenzio, anche assente, anche irraggiungibile.

martedì, gennaio 02, 2007

Let the Butterflies Talk

Dopo tutti questi anni, dopo tutte le strade percorse e nonostante tutte le cose successe, dietro quella curva il mio mare spunta ancora.



Blu cielo che non distingui l’orizzonte quando il tempo è in stato di grazia, celeste come un miracolo la mattina all’alba, azzurro chiaro se c’è brezza, blu elettrico e bianco se c’è maretta, grigio fin dove arrivano le nuvole che portano pioggia, color ferro con consistenza di una tela se la pioggia cade, e quando cala il sole l’indaco avviluppa aria ed acqua in unico velluto che se non stai attento tira dentro anche te.
E dopo quel gomito d’asfalto disfatto, ogni volta è una via di mezzo tra un déjà-vu e una sorpresa, sorpresa per come un intrico di stradine percorso mille volte nei miei ventuno anni possa ancora essere sapido di novità e carico di aspettative… e, nel bene o nel male, qualcosa di inaspettato succede sempre.




Quest’anno, per esempio, ci si sono messe le farfalle.


In genere le farfalle sono docili animaletti da compagnia che si accoccolano buone buone nello stomaco e lì vegetano serenamente, senza dar sentore di sé. A volte, invece, le farfalle diventano saccenti, invadenti, irruenti. Forse l’aria di mare le rinvigorisce, specie se sono quasi due anni che non sentivano profumo di iodio ed origano e dodici Capodanni che non rischiavano brutto per i proiettili che vagano al posto degli scontati fuochi d’artificio, sta di fatto che nei giorni passati è giunto il momento di fare con loro una lunga chiacchierata rimandata da troppo tempo.
Quando si lasciano parlare le farfalle bisogna mettere in conto tutto, anche che avremmo dovuto lasciarle parlare prima, perché ora dicono altro, perché ora è troppo tardi, perché potresti fraintenderle, perché potrebbero sconvolgerti oppure rovinare tutto. Ma non tappate loro la bocca né tarpategli le ali, funzionano come le Strillettere di Harry Potter … se aspetti troppo rischi di non poterle gestire.
Così finalmente ho accettato di farle sfogare, ma soprattutto di starle a sentire una buona volta.

Mi hanno ubriacata di parole. Mi hanno detto fuggi i rimpianti, abbi ricordi, apri gli occhi, ascolta e ascoltati, ammetti gli sbagli, perdona, dimentica, fatti abbracciare, riconosci, sorridi, ignora, osserva, chiudi gli occhi, respira, bevi tutto quello che riesci a bere… ed io ho obbedito. Per la prima volta nella mia vita mi sono sentita adulta, completa come persona nelle sue piene capacità decisionali. E’ stato duro, meraviglioso, orribile, necessario. E non lo dimenticherò mai.

Great 2007 guys!