martedì, dicembre 20, 2005

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Il nostro datato e ormai spelufito alberello di Natale illumina con un nonsochè di caldo tutta la stanza, la pallina del Meyer scintilla appesa ad uno dei rami alti, il mio babbo ronfante sul divano -fa parte integrante dell'arredamento!- forma uno splendido ensemble con Enya che vocalizza dagli altoparlanti... scribacchio dalla tastiera pasticciata del pc in sala, avvoltolata nella coperta nera comprata a Tarabuco (quant'è lontana la mia Bolivia) dopo una cena preparata amorevolmente proprio per me da papino. Domani si laurea un mio stracarissimo amico, sono così orgogliosa di quant'è stato bravo, e quindi sarebbe il caso di andare a letto presto, MA stasera che ho una tv a disposizione mi spalmo sul divano, sfrattando il povero Dr.Looh che russa così beatamente, e guardo un pò di roba istruttiva (Nanny, devi ringraziare tuo fratello per la dritta... ho visto la puntata registrata della scorsa settimana ed è stata fenomenale!!)
Le valigie sono ancora quasi del tutto ancora sigillate, forse sul punto di deflagrare, ma oggi NON avevo davvero voglia di disfare il bordello che avevo creato stamane presto. Ieri sera sono stata in Mise, prima ero ai Gigli con Virginia che ora è in Liechtestein a fare compagnia ad Heidi (lo sapevate?! Gossip: anzichè le caprette ha preso i pony... non chiedetemi il perchè!!! :) e poi ero troppo stanca e ancora concentrata sulle manovre che avevamo provato per poter metter mano ai cassetti.
Risultato: stamattina i pinguini che saltano fuori dalla sveglia sono andati PRIMA ad accendere il riscaldamento e poi a svegliarmi, e con una fretta bestiale ho rovesciato gli armadi nelle valigia, saltandoci su per farle chiudere, ho mangiato una fetta biscottata e sono corsa ansando in stazione. Per inciso, questa va raccontata: sull'autobus un tizio che aveva studiato anatomia alla Nunziatella (!!!!!) mi ha iniziato a chiedere la ghiandola di Meibomio (?!) e tutti gli ossicini del metacarpo. No comment.
Dopo aver dato spettacolo sulla scalinata di SMN sollevando due valigie scalino per scalino -PLAUSO ALLE BARRIERE ARCHITETTONICHE- scopro che il treno è in ritardo di 40 minuti. Annaspante e sbraitante convinco con gentilezza il tipo in biglietteria a farmi prendere quello precedente che, in ritardo anch'esso, stava x arrivare. Va detto però che fare tutto questo per fare un viaggio con davanti un trentenne fascinosissimo ne è valsa davvero la pena.
Dai, sono davvero in vena di confessioni sconcertanti: voilà la caduta di stile!! Inizio a raccattare valigie e carabattole varie sparse, mi metto il cappotto, inforco la borsa ed i manici dei bagagli e gli dico con voce quantomai suadente 'Buon viaggio!', e mi avvio verso la porticina di fine carrozza.
La risposta ('Grazie...') arriva qualche istante 'dopo gli spari', ma vabbè, pazienza, non avrà pensato che una tale bellezza stesse augurando buon proseguimento proprio a lui.
Ok, l'epilogo è la voce del capotreno. "Gentili viaggiatori, vi informiamo che tra pochi minuti arriveremo nella stazione di Roma Termini, termine della corsa. Grazie per aver scelto Trenitalia!"

venerdì, dicembre 16, 2005

Lentamente Muore

Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ognigiorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marca, chi nonrischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle "i"
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore davantiall'errore e ai sentimenti.
Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza,
per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge,
chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.
Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare;
chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna
o della pioggia incessante.
Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.
Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità.

P. Neruda

...e 20


Do you remember?

Quanto vorrei essere a casa, stesa sul tappeto a guardare le foto della mia prima candelina incorniciata dal paio di orecchie a sventola più bello del mondo. Chi sono riuscita a diventare prescinde da chi mi ha amato e mi ama da morire, e ci sono giorni e ci sono notti in cui mi domando se sono stata e sarò all’altezza di tutto questo amore.

Nessuno mi ha mai richiesto di essere forte, non mi avete mai insegnato ad apprezzare le comodità, non è mai stato necessario mettermi a conoscenza del paracadute di riserva, non tutte le giornate sono state di sole, non è una cicatrice in più che deturpa, non ho mai dovuto aspettare che fossero gli altri a far prima di me, non trovo più il tubetto di tempera verde ( Sii flessibile e rialzati con grazia, tutta la poesia di una tenda ed il frinire delle cicale, ma siamo certi che lo inventerai se il tuo non si apre, però quanti arcobaleni hai visto?! quanto piuttosto quello che non avresti potuto ricordare senza, il 50% delle volte è coraggio il resto stupidità, di cyan ne basta una punta e poi tutto il giallo che riesci a spremere dal tubetto che ora è sotto la sedia)

In realtà non c’è molto altro da dire, si tratta di me.

Aspettare la mezzanotteguardando Breakfast at Tiffany's e sullo scoccare della lancettona lo schermino che segna un nuovo sms. Inatteso, puntuale, dolce. Un vero regalo.
Venti minuti dopo –è il fuso orario di mio padre, potrei considerarlo quasi in anticipo!- tre parole per nulla scontate.
Nanny e Virginia (lo sappiamo bene, quando si tratta di loro c’è poco da aggiungere.)


Una notte per raccontarne circa 7300. Una pulcherrima isola fuori dal tempo che per i miei primi vent’anni mi regala un foglio bianco e inchiostro particolarmente rapido e mi esorta a scrivere.

Will you remember?



PS: Zia Audrey dice che quando prendono le paturnie non c'è altro da fare che non andare a fare colazione da Tiffany, perchèp lì non può succederti nulla di male. Sabato mattina proverò.

venerdì, dicembre 02, 2005

In Punta di Lama

Quasi due anni dal brusco distacco dalla pista non sono bastati a far sì che tra me e la strenua, continua e dolorosa nostalgia delle lame si instaurasse una pacifica convivenza, e –da una parte con preoccupazione, dall’altra con profonda soddisfazione- temo che qualsivoglia lasso di tempo non riuscirà nell’impresa. Il ghiaccio è scritto nel mio codice genetico, è una delle poche cose che rimpiango della mia vita in Abruzzo e la sola per cui in alcuni momenti mi piacerebbe tornare indietro nel tempo. Questa nostalgia è subdola, sa acchiapparmi quando meno me l’aspetto, nell’ascoltare una musica che pattinavo o su cui mi riscaldavo fuori dalla pista, quando il vento freddo mi taglia il viso come quando si scivolava veloce nell’allenamento sui fili, con la vista di un carillon dove omini di legno pattinano su un laghetto ghiacciato, quando penso che tra tre mesi ci sono le Olimpiadi Invernali a Torino, ogni volta che mi dico che per pattinare dovrò aspettare di tornare a casa per Natale –il che mi spinge a restar qui per poter studiare il più possibile PRIMA di avere il ghiaccio a portata di piedi… dire che non vedo l’ora è eufemizzare il desiderio rabbioso di tornare nel mio habitat naturale. Scherzateci pure su, ma da quando ho coperto le lame con i loro pigiamini non riesco più ad incantarmi davanti a uno Stars on Ice senza scoppiare in singhiozzi-.

Stamattina Firenze è un freezer, e la tazza di cappuccino fumante qui di lato fa pendant con il pile in cui mi sono infagottata. Le intenzioni che avevo nell’accendere il notebook erano a) dare uno sguardo alle diapositive di biochimica e b) mettere un po’ di musica classica per immergermi nella fosforilazione ossidativa. L’ostacolo che mi ha fatto adoperare il tempo imperfetto nella frase precedente si chiama Emanuel Sandhu, uno dei migliori pattinatori che io abbia mai visto, impegnato in un triplo sullo sfondo del mio desktop. Ed ecco tutto quanto detto sopra percorrere le mie sinapsi con la velocità di una sua rotazione, il cuore che si fa piccolo piccolo, apro una pagina Word, faccio partire "Through Her Eyes" e scivolo dal mouse alla tastiera per raccontarvi il vuoto della pista appena fatta, il suo ghiaccio perfetto, il rumore della porta che riecheggia nel palaghiaccio vuoto su su fino alle tribune e torna indietro appena prima che il clang della maniglia che chiude la pista lo segua a ruota, le nuvolette del respiro nell’aria fredda, immobile. Ti chiama, ti invita a lasciarti andare, a lasciare che sia lui a guidarti sul pentagramma che si snoda dagli altoparlanti. La prima carezza della lama, la prima ferita del ghiaccio è sempre una sorpresa anche per te che ti spingi avanti e acquisti velocità e gote rosse, e tutto quello che viene dopo dipende da te solo in minima parte, è una volontà superiore che ti abbraccia e ti deposita su un un’orbita parallela. Scivola, Laura, non opporre resistenza alla musica –mi pare di sentirla la mia Coach… cosa non darei perché fosse vero!- mettici la tecnica e ricorda che col cuore si vola più in alto, non raschiare con le punte, appoggia e non sbattere, precisa con quelle braccia, chiudi veloce altrimenti giri lentamente… nient’altro che il freddo e il sudore, la spossatezza di tre ore, l’odore della pelle dei pattini e del body fradicio dopo tanti capitomboli, la soddisfazione di un paio di salti ben riusciti e di qualche trottola centrata e infinita, di gesti che si raffinano e del sangue che ti scorre prepotentemente nelle vene e ti incendia il viso. Milena che mi fa un sorriso e che è abbastanza soddisfatta, dopo avermi strapazzata per un pomeriggio. I piedi che urlano vendetta, una lunga e benedetta mezz’ora di stretching con Vanessa e Roberta, a condividere quell’agognato Rittberger in corsa o quel cambio piede su cui proprio non ci siamo.

Fuori dalla finestra il cielo grigio invita a fare solo una cosa: preparare un altro cappuccino. Ma giuro su qualsiasi cosa volete che se mi chiedessero adesso di andare a pattinare con dieci gradi sottozero su una pista all’aperto andrei anche così, nel mio pigiamone rosa con la renna fluorescente. I pattini sono lì, accanto alla porta, aspettando che al Parterre la sconnessa pista natalizia apra gli idranti al pubblico.
Anche quando qualcosa ti manca così tanto per una scelta doverosa che tu stessa hai operato non è così facile evitare che il Grillo Parlante ti dica "Te la sei cercata tu, mia cara!", e allora mi rodo il fegato per quell’inglorioso quarto d’ora in cui penso a Roma con le sue tre Facoltà di Medicina&Chirurgia e le sue quattro piste.
Altrettanto difficile è rinnegare le scelte fatte, soprattutto quando si è consapevoli della loro esattezza. E Firenze era ed è la mia risposta esatta, anche se talvolta fa un casino male dover appendere una parte di te al chiodo per seguire tutto il resto.
E pur di pattinare raccatto le briciole di granita su cui due anni fa non avrei nemmen poggiato il coprilama.

Bonne Journée..