Mi hai dipinto una carezza sulla guancia con lo stesso gesto con cui lisciavi la base sulla carta prima di iniziare le rose. E quindi poi ti ho lasciato in pace.
Guardando il cielo sull'autostrada ho capito perchè oggi rispondevi meno, perchè l'unica esortazione meritevole di sforzo era "guarda!" e davanti alla nebbia e agli ulivi sul mio Ipad sgranavi gli occhi come fanno i bambini, a bocca aperta come per masticar lo schermo. Stavi già dipingendo il tramonto di oggi, senza dubbio il cielo più bello che io abbia visto nella mia vita.
Non ho dubbi sul fatto che ci fosse il tuo zampino in quelle nuvole sfumate, in quel fucsia sfacciato (non l'hai mai usato prima d'ora).
Un pittore lascia i pennelli solo quando sono finiti o sporchi, perchè di dipingere questo mondo non ci si può stancare. E quanto ti abbiamo stancato, pungolato, punto, prelevato, infuso, trasfuso, stremato in questo anno infinito. In questo anno finito.
Voglio pensare che sia perdonabile il non averti fatto arrendere prima.
Danzano ancora le ballerine di Degas, fioriscono su milioni di pareti le ninfee di Monet. E noi siamo tutti intorno a te, tutti dalla parte delle radici a guardare verso l'alto. Mentre te non vai da nessuna parte, mentre respiri con la stessa irregolarità che è il naturale ondeggiare delle spighe di grano.
Hai silenziosamente barattato ogni punto di emoglobina, ogni piastrina per un po' di bello in più. Artista fino all'ultimo blasto, e ne hai così tanti solo perchè non sapevi dove mettere tutta quest'arte.
D'altronde non ti ho mai visto con uno zaino.
Vedrai, Parigi è bellissima. E volare non è poi così male.