giovedì, dicembre 15, 2011

Secondo quarto


Fare bilanci quando non hai un equilibrio oscilla tra il difficile e il presuntuoso. Niente bilanci quest'anno, solo la sensazione di essere così in bilico da ringraziare per il fatto di esserci ad ogni nuovo passo. Perchè la mia famiglia tiene duro. Perchè sono laureata. Perchè nel prossimo anno la mia vita, progettualmente, avrà svolte epocali, e fantasiosamente troverà anche il modo meno consono di creare scompiglio nei programmi. Perchè ho le spalle larghe.
Ma lo zaino, in questo periodo, pesa comunque un po'.

venerdì, novembre 18, 2011

24+6, 7 mesi dopo.

Evidentemente Parigi ti intrigava, o l'idea del pane con le olive.
Di sicuro dei baci non ne hai ancora abbastanza.
Bravo, cucciolo.

sabato, ottobre 15, 2011

Badz!

Ci sei senza fare troppo casino, per il momento, ma così vai alla grande. Sono pronta al bordello, alle risate, alle novità di ogni giorno, ai mille sogni. Sono qui senza poter scrivere tutto quello che vorrei, ma lo farò con inchiostro vero e vera voce. Non hai scampo.
Mi ero chiesta cosa avrebbe potuto tirarmi fuori da questo stato catatonico in cui sono piombata negli ultimi mesi, questa palude emotiva, questo strano momento di transizione. Mi ero posta la domanda sbagliata.
Quindi grazie, per il primo dei tanti risultati. Ti ringrazio con un post criptico, che batte tutti tutti i miei post criptici precedenti.
Adzgctsaefitenvloddazbedvcecagmtopaceafibclm(cscm!!!). Lznvloddtb.

MCD!!!!

mercoledì, luglio 20, 2011

Ai fiori rosa che verranno.

Volevo scrivere con ancora indosso il vestitino blu svolazzante tutto stazzonato, i capelli profumati d’alloro, i tacchi ai piedi e il miracoloso eyeliner Chanel che avrebbe retto anche alle lacrime che non ci sono state, ma alle undici di sera del giorno più agognato della mia vita volevo solo vomitare dalla stanchezza.

Scrivo due giorni dopo, con l’adrenalina metabolizzata e la sensazione di limbo: non più studente, non ancora professionista. Dottoressa, a detta di tuttti; nè carne nè pesce per la legge. Stanchissima, dico io. “Stanca” è la banale, avvilente risposta ad ogni  festoso “Come ci si sente?!” e mi scuso, non ne ho un’altra di riserva. Ieri ho dormito, nell’ordine:  sul mio letto, sull’8, sul tavolo della stanza medici di reparto, appoggiata al muro in corridoio, sul 14, sul divano di Gaia, sul 6, sul tavolo in cucina e infine di nuovo sul mio letto. 

Cosa raccontarvi del giorno del mio ultimo verbale? Cosa voglio che resti ai posteri?

La levataccia alle 5.30 per doccia, trucco, parrucco e ultime ripetizioni del powerpoint; quest’ultima cosa soppiantata infine da mezz’ora alla finestra con Beatrice ed Alessandra a contemplare il puntuale, classico acquazzone estivo dopo 2 mesi di siccità a Firenze che inizia proprio quando ci si stava infilando i sandali (ma ha smesso proprio prima che uscissimo di casa).

Lo sguardo riconoscente e sollevato di Andrea che da mesi rassegnato alla visione di me in mollette, t-shirt e ciabatte mi vede entrare in stanza dopo un restauro che neanche Giotto dopo il lavoro dell’Opificio; uno sguardo un po’ meno riconoscente mentre andava a lavarsi i denti in cucina perché avere accesso nell’unico bagno di casa la mattina della laurea di tre donne era fuori discussione.

Lo sguardo incredibile di mio padre e mia sorella che mi aspettavano alle 7.30 sotto casa.

Avrei immaginato di dovermi vergognare molto di più davanti alla mia famiglia a causa di cartelloni e foto compromettenti, ma fortunatamente gli specializzandi erano quasi tutti al lavoro e la mia reputazione è stata salva... almeno finchè non ho stappato lo spumante. A mia discolpa va detto che era caldo, che ero digiuna dal giorno prima e avevo sete.

Le parole e lo sguardo del mio relatore, una bellissima sorpresa.

Gli abbracci.
L’abbraccio a mio padre dopo la proclamazione. Il momento che ho sempre sognato con il timore che non arrivasse mai (perchè dopo una vita così ho paura di sognare cose belle) bello come neanche nei miei sogni più audaci. Quello di mia sorella, abbracciare una me migliore e ancora più fiera e felice di me. Quello di Andrea, amore,speranza, futuro, cielo. Quello di Alessandro, fortezza. Quelli di chi era lì a rendere tutto vero, tangibile: Tuna, Paola, Ale, Federica, Chiara, Michi, Livio, zia, Tommy,  Andre, Franz, Giacomone, Mary, Alice, Dario e tanti altri. Infine l’abbraccio vittorioso con le mie due guerriere a conclusione di tutto, luce viva.

Le risate felici del mio primario al telefono alle 12.13: “Capoooooo, 108, evvviva! Ora mi scusi ma sono già brilla, ci vediamo domani in reparto!”

Il pensiero di tutti quelli che non erano lì ma mi accompagnavano con il cuore, con gli innumerevoli messaggi a cui non ho risposto (ma sappiate che ad ognuno ho sorriso dal profondo del cuore) e con le preghiere.
Ho pensato a mia madre e a come sarebbe stata questa giornata con lei presente, ringraziandola per questo DNA che si avvolticciola a forma di caduceo che è anche merito e colpa sua. 

E ho pensato ai miei pazienti, a quanto è importante per me vederli gattonare in giro, con i loro disegni, i loro progressi, le loro battaglie. E ho pensato che ciliegi del genere meritano una vita di amorevole giardinaggio.
La bottiglia che mi ha reso brilla prima di mezzogiorno brindava al momento della fioritura.

Questa laurea è per i fiori rosa che verranno.

giovedì, giugno 16, 2011

Succo di surreni

Pensa a chi crede in te, pensa che non ci sei ancora finché non ci sei, pensa al whisky alle 9 di mattina che ti aspetta l'ultimo giorno in cui porgerai il libretto. Surreni spremetevi, perché tutto sia vicino come non mai.

sabato, maggio 28, 2011

A un passo dal sogno

Questa distanza si percorre con la forza della fiducia che gli altri ripongono in te, la si percorre per non deludere chi spera e progetta con noi. La percorro pensando ai sorrisi sui volti a cui tengo, la percorro pensando ai miei primi professori, questi pazienti pazientissimi con una gran voglia di insegnarci nonostante le loro beghe.

La percorro senza sapere come faccio ancora a ridere, con quali forze reggo questi ritmi, chiedendomi come poter usare gli spazi articolari per stiparci dentro nozioni - perché le suture craniche sono già diastatiche. La percorro con chi ha condiviso tutto dall'inizio, ringraziando Dio per non essere sola. 

giovedì, maggio 19, 2011

Protego fuori servizio

Mi hai spiegato tu perché mia mamma ha smesso di studiare medicina. Me l'hanno spiegato gli occhi di tuo padre, quelli della caposala che ripiegava rabbiosamente il lenzuolo, lo diceva il silenzio di ieri sera.

Ho capito che non bisogna mai essere troppo stanchi perché se ci sono da affrontare giornate come queste la stanchezza offre delle crepe di cui le emozioni approfittano, e non va bene. Non possiamo confrontare la nostra pena con quella ingestibile, inesprimibile, di chi aspetta fuori.

Forse un giorno mi spiegheranno se esiste qualcosa di simile all'incantesimo-scudo di Harry Potter, come evocarlo, come impararlo. Fino ad allora mi limiterò a fissare le macchine nel parcheggio che attendono le sole cose positive di queste giornate: la felicità viene chiusa con cura al fresco e portata via con un miscuglio di incredulità, di gratitudine, di speranza. Fuori il sole è impietoso.

Vado via anche io, vado via ad occhi bassi per rispetto di quei gusci vuoti dagli occhi rossi e dal cuore immenso posati contro le pareti verdi.
E se avessi una bacchetta magica la cederei a loro.

venerdì, aprile 15, 2011

24+6

Ti racconto Parigi viola e calda e luminosa, provo a spiegarti che odore hanno le olive nel pane caldo, come suonano le campane di Notre Dame. Non sai cos'è la panna, quindi è inutile che ti faccia paragoni idioti con le nuvole sotto l'aereo. Ti arrabbi se ti tocco e ne sono felice, ma togliti la manina dal naso. Quella cosa fastidiosa deve restare lì. 
Mentre ti tolgo la manina dal sondino visto che non hai intenzione di farlo da solo mi afferri il polpastrello, mi copri l'unghia dell'indice con le tue dita. 

Sei nato stamattina alla ventiquattresima settimana, 6 mesi scarsi di vita intrauterina. Sei andato in arresto, ti hanno rianimato... e i tuoi genitori ti hanno abbandonato. 
C'è più vita intorno al mio polpastrello di quanta ce ne sia in tutta Firenze e sono arrabbiata, perchè vorrei avere una buona ragione per non odiarli. 
E non dovrei nè pensare a loro, nè pensare a te, ma mi hai acchiappato una falange con la tua manina violacea, minuscola e perfetta, te che non sei mai stato baciato sulla testolina, te che ti muovi energico dall'alto dei tuoi 590 grammi e che invece dovresti stare fermo per risparmiare energie e mettere su ogni punto di saturazione e vincere le mille cose contro cui stai combattendo. 
Sono qui fuori dalla tua incubatrice e come ninnananna ti sussurro di farcela, perchè Parigi ad aprile è incantevole, perchè qui fuori tutto o quasi è bellissimo, e perchè se ce la fai sarai riempito di baci e questa è una cosa per cui vale la pena vivere.

domenica, febbraio 13, 2011

Gone with the ink

When you need something THAT much you're not gonna do this so easy: easier searching for answers than finding them. I usually find many answers amongst all the words I lay down on this page: on a white screen, things just shine out better. 
This final rush is mentally enternal, phisycally exausting and personally crappy. Lack of concentration pisses me off far more than all the other things that may and should: I'm not used to less-than-full efficiency. Next step is wondering, many times a day, why the end must be such an agony. I'm surgical, I cut clean. 
Maybe this time I'll learn patience and endurance or, more probably, I'll go nuts before graduating; anyway, the point is that if I could do what I truly would love to... I know I'd regret it in so many ways.