E il mio primo caffè in assoluto l'ho provato lì.
Non inchianate pa'ssupra, virite m'avite a cariri ra chia scala iani.
La seconda metà della frase era coperta da "Sì, sì, va bene" e da quattro paia di piedi salire di corsa i gradini traballanti della scala a chiocciola.
E poi c'era la partita a scopa, o ad Asso piglia tutto fuori in veranda (Pijati st'asu!!), dove il sole non batteva già più -e comunque c'erano gli ombrelloni. E c'era la gara ad accaparrarsi la tua sedia. Osservarti in quella luce piena era l'inizio della domenica pomeriggio. Il volto abbronzato, segnato dal sole e dagli anni in mare, i morsi dei pesci sul braccio, le spalle possenti. Le volte che tornavi dal mare a torso nudo, con l'asciugamano bianco sulla spalla sinistra. Ti ho rivisto qualche giorno fa in un quadro di Pedro Cano, alla mostra appena inaugurata. Eri proprio tu.
Sui muri bianchi abbaglianti intorno, le lucertole prendevano il sole. Se un giorno avrò dei figli, vorrei che sentissero quella sensazione confortante di immutabilità, quella del dopopranzo della domenica, quando il mare dal balcone brillava sotto al sole e tutto profumava di origano appena frantumato e panni lavati con cenere e soda appesi fuori ad asciugare.
E quando salutavo te e nonna Concetta (Laurètta, runa na vasata o nonnu!) sapevo che la domenica seguente sarei stata di nuovo recalcitrante ad andare -perchè voleva dire tornare prima dal mare- e poi di nuovo recalcitrante ad andare via. Perchè erano anche i miei nonni, e la scala ripida e stretta tra i due muri l'ho sempre salita correndo, anche la scorsa estate, anche se l'abbraccio che mi aspettava su era diventato uno solo. Don Vincenzo si lasciava sfuggire qualche lacrima ogni volta che Lauretta correva su per le scale chiamandolo, e diventavi nonno Vincenzo.
Spero che oggi il sole riempia il cielo, accechi e asciughi i volti che amo tanto, e che qualcosa scaldi.
Lauretta, da ieri sera, sarà sempre su quella terrazza assolata, su quella scala a chiocciola malandata. La bambina che ero resterà confinata tra quella terrazza e un altro balcone non molto distante, con il profumo dell'intonaco ruvido caldo di sole, il frinire delle cicale, le carte da gioco usurate -il sette d'ori con il taglietto sull'angolo-, gli avvertimenti, i cassetti mai aperti, i rintocchi della Torre, i peperoncini e l'origano che mi hai insegnato a frantumare con le mani. E mi mancherai tantissimo.