Stamattina mi sono alzata alle otto e un quarto. Solita colazione pacifica. Lungo bagno con tantissimo bagnoschiuma al gelsomino. E poi sono andata a fare una passeggiata in centro.
Il vento sussurrava parole dolci all’Arno che scorreva placido sotto Ponte Vecchio, dipingendo riflessi argentati sulle increspature sfaccettate che ora ci sono ora non più. Il vento baciava svelto i profili geometrici, regolari, imponenti, rassicuranti degli Uffizi poco distanti. Il vento mi scompigliava i capelli, approntando due rapidi cubetti di ghiaccio con i lobi delle mie orecchie.
Il vento mi sussurrava di respirare a fondo il profumo di terra, e pioggia, e fango, e pietra umida, e metallo dei lucchetti incatenati al muro, del balsamo alla vaniglia, delle colline intorno a Firenze, stupenda, algida e splendente, le tegole bagnate, le pozzanghere, i pochi turisti, le strade ancora tranquille. Il vento mi sussurrava di sentire, di ascoltare, di avvertire la vita che mi pulsa dentro e che non si può seppellire sotto mari di fo
rmule che sono la vita stessa. Il vento mi sussurrava le stesse parole di quando riesci in un clean landing, fendendosi nel modo perfetto che contraddistingue i momenti in cui ti accompagna con grazia perché è sicuro che tu ce la possa fare da sola da quelli in cui ti sospinge energico per spronarti a dare di più. Stamattina il vento lambiva tutti i miei amari pensieri cospargendoli di zucchero a velo, ricordandomi la fortuna di avere due immensi amori della mia vita, uno che nessuno potrà mai togliermi e l’altro che è la mia ragione d’esistere. E in ragione di questo, in ragione del medico che sarò, alle quasi undici di sera del sabato prima del sabato che precederà l’esame scrivo per condividere con voi le mie solite paturnie e le mie solite risposte al riguardo. A volte bastano davvero tre lettere, tipo MSF o un tvb, a ricordare tutte le ragioni per cui è necessario e bellissimo mettercela tutta. E quell’urlare è un urlare di gioia.
See you soon!