sabato, febbraio 11, 2006

'Tu non preoccuparti'

Avete presente il tono con cui questa frase viene pronunciata?

Perché, sapete, vorrei capire se soltanto a me si attorciglia tutto l’attorcigliabile e si innescano i meccanismi di innesco del raptus omicida (già mi figuro i vicini di casa “E’ sempre stata una ragazza tanto cara, ma chi l’avrebbe mai detto, i giovani non sono più quelli di una volta”) e mentre provo ad esprimere tutto il ribollir di bile il Mago Merlino appollaiato sul margine del foglio Word su cui scrivo sbadiglia rumorosamente ed attacca a russare. Il che mi lascia allibita. Come si fa ad addormentarsi quando accanto a te si sta scatenando una tale ira funesta?!
Maledetto mago del divago, stavo dissertando sui visceri che fanno le capriole: ebbene, come quasi in tutti i post del mio blog, anche stavolta c’entrano i camici bianchi, però c’è un però. Questa volta c’è di mezzo un camice che mi sta particolarmente a cuore, che da che ho memoria si è elargito per tutti e messo in gioco in tutto, e che si arrabbia se lo accuso di essere irriguardoso nei suoi stessi confronti. E che mi dice ‘Tu non preoccuparti’.

Mi sarà concesso di scagliargli contro un susseguirsi di improperi e rimproveri, in quanto a) figlia b) studente di medicina c) affetta da SPM e d) Nutella-priva?! Trovo ci siano momenti in cui è necessario imporre la propria autorità sui genitori ribelli, e sono generalmente quelli in cui il fumo che esce dalle mie orecchie copre la visuale ed impedisce un corretto lancio delle saette. Fortuna che Lucia mi ha dato l’input del blog, che sta diventando una colecisti accessoria ed un teatro di pubblica rappresaglia. ( Quindi, caro il mio babbo, cerca di essere accondiscendente perché ti ricordo che il 50% della mia indole battagliera, testarda, scontrosa ed insostenibile è OPERA TUA… ed il doverci fare i conti fa parte delle postille scritte in piccolissimo del Consenso Informato Pre Genitoriale.)

Glielo spiegate voi che ‘non preoccuparsi’ non rientra nel vocabolario di esseri che hanno un DNA con larghe sequenze omologhe e che si vogliono bene?!


Piccolo Post Scriptum dedicato a Lucy e Nanny: voglio conoscere Federico!!! :) e... vi vu bi.

lunedì, febbraio 06, 2006

La nuova vita di un medico paziente


"Il cancro mi ha regalato un'altra vita". Una vita nuova e per molti versi "migliore. Prima di ammalarmi vivevo sul filo dei minuti. Un giorno operavo tot pazienti e il giorno dopo ne operavo altri, ma alla fine vedevo sempre lo stesso 'film'. Ora invece apprezzo ogni istante e sono felice di tutto: un raggio di sole, una pietanza saporita, la visita di un amico". Il messaggio di speranza arriva dal cardiochirurgo Sandro Bartoccioni dell'universita' Cattolica di Roma, che oggi a Milano, alla seconda edizione delle Giornate epatologiche promosse dalla Fondazione epatologia (Fade), lancerà un appello a tutti gli italiani che convivono con un tumore: "Finche' l'arbitro non fischia tre volte la partita non e' finita". L'alternativa non e' tra la vita e la morte. Come nel calcio "ci sono l'uno, la x e il due. Non sempre bisogna vincere, si puo' anche pareggiare".

A 44 anni, ha raccontato Bartoccioni ai giornalisti, "il 'gioco dell'oca' della vita mi ha fatto diventare il primario piu' giovane d'Italia. Ma poi sono entrato nella casella dei 54 anni", quando "mi e' stato diagnosticato un cancro allo stomaco al quarto stadio". Certo, "all'inizio e' stato devastante - ha continuato il medico-paziente - In quattro anni ho perso 30 chili, ho subito cinque interventi e sono stato sottoposto a durissimi cicli di chemio e di radioterapia. Tra 15 giorni mi toglieranno la milza e mezzo fegato, ma a tutti continuo a ripetere che io non sono malato. Io ho un cancro, e vi giuro che non e' la stessa cosa". Bartoccioni continua a lavorare. Ma a volte, quando i motivi di salute gli impediscono di operare, il cardiochirurgo cura i turisti dei villaggi-vacanze. "Sono stato alle Seychelles e alle Maldive, e una vita cosi' bella io non l'ho mai fatta prima". La malattia "mi ha insegnato ad apprezzare ogni minuto che passa e i giorni vissuti dopo il cancro io me li ricordo tutti", assicura il medico. Che fa coraggio a tutti i malati, spiegando che "stare da questa parte non e' poi cosi' tremendo".

E alla vigilia del convegno milanese, in cui sara' riproposta l'urgenza di un rapporto migliore e di un dialogo piu' complice tra medico e paziente, lo specialista invita chi soffre a rifiutare ogni tipo di buonismo o commiserazione. "Non parlatemi di uso 'compassionevole' di un farmaco - dice - ne' di cura 'palliativa' o di malato 'terminale': l'ultimo che mi ha chiamato cosi' e' gia' morto, mentre io sono ancora qui. Il lavoro dei medici va avanti solo grazie ai pazienti, i malati sono i docenti universitari dei medici. E ricordo ai miei medici che non mi devono volere bene, devono ringraziarmi. Se tu, paziente, rimani in contatto con te stesso non smetterai mai di sentirti importante", conclude Bartoccioni.


Papà non ha nemmeno fatto a tempo a metter piede dentro casa che già era a smanettare col pc, a scaricare mail e a recuperare il tempo che si era ritagliato in questi ultimi giorni. Una volta tanto la nota di biasimo è meno marcata :) dato che mi ha fatto leggere il pezzo di cui sopra, che gli è stato inviato da qualcuno probabilmente ignaro di tutto. Ho visto papà mangiare di gusto una carrellata di bignè, quindi è perfettamente autosufficiente -per non dire che mi sta cacciando di casa- e così domani si torna nel Granducato. Ho un certo progetto pazzerello che mi frulla e folleggia nel capo, e sotto la luce dei giorni appena trascorsi lo considero meno irrazionale di quanto avrei fatto una settimana fa.

We'll see! Goodbye everybody!

giovedì, febbraio 02, 2006

Pesci rossi e l'amore che conta

Qualche mese fa vagolavo nella libreria Edison, uno dei posti che più amo di Firenze. E mi sono ritrovata a posare lo sguardo su una copertina dello stesso colore dei camici e dei pantaloni che indossano in Chirurgia. Il libro è 'Cosa sognano i pesci rossi' del dr.Marco Venturino. Dopo averlo letto, dopo essermi sorpresa a piangere, l'ho portato a casa.

A volte la vita si incasina in un battito di ciglia.
Un qualcosa sposta il focus dalla carta alla carne, la prospettiva cambia radicalmente e tutto si traduce in un boccheggiare di ansia.

Avete presente il daltonismo, l'incapacità di distinguere le tonalità di rosso e le sfumature di verde?

Ecco, è esattamente così.

Quando studi per stare dietro una mascherina verde -o quando ci sei già- è come se perdessi un pò di vista la tua stessa fallibilità, il tuo poterti eventualmente inceppare. Non è mania di onnipotenza o superbia o supeficialità come si potrebbe magari pensare, è che ci si concentra tantissimo sugli altri. E di punto in bianco devi accettare che dentro l'acquario stai per finirci non tu -magari...- ma proprio chi non vorresti nemmeno si graffiasse tagliando il pane. E cosa fai?
Per parte mia, ho premuto reset su tutto ciò che c'è al di fuori dei sentimenti.
Per una volta, ho tagliato i ponti con la ragion veduta che infarcisce un buon 80% delle mie azioni e mi sono tuffata, pesciolino rosso tra tanti.
Ragazzi, giuro di non aver mai visto quel verde tanto nitidamente!!

Ma oltre il rosso e il verde, oltre la paura e la speranza, c'è un colore che ha avvolto l'acquario, caldo caldo anche se rifratto dall'acqua agitata che c'è qui intorno. Se sapessi descriverlo lo farei, ma le parole stanotte sono suturate dentro un grumo di attesa che è sospeso da qualche parte vicino lo stomaco. Ma a voi basta guardarvi allo specchio. Mettete gli occhiali da sole e sappiate che questo colore/calore che mi abbraccia non lo dimenticherò MAI.

Grazie.